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L'incarico
02 Settembre 2025 - 14:41
Il cardinale Crescenzio Sepe con la lettera d'incarico del Papa
NAPOLI. «Stavo preparandomi per le vacanze, poi è arrivata questa chiamata dalla Santa Sede con la quale il Pontefice mi incaricava di partecipare a Leopoli al 650esimo anniversario della creazione della Metropolìa di Halić come suo delegato. Quando il Papa chiama è un ordine, al ritorno lo incontrerò per riferigli di quello che ho fatto. Se l’ho sentito finora? No, lo vedrò quando tornerò dall’Ucraina». A dirlo l’arcivescovo emerito di Napoli, Crescenzio Sepe, incontrando la stampa per illustrare la missione in Ucraina: la partenza è prevista per domani, con arrivo in Polonia e spostamento in auto da Cracovia a Leopoli, e rientro lunedì.
Nel 1375 Gregorio XI elevò la Chiesa di Halić al rango di Arcidiocesi metropolitana, rendendola un punto di riferimento per altre tre diocesi vicine. «È sempre un momento molto importante - dice Sepe -, nella lettera con il quale mi ha conferito l’incarico il Papa spiega che è anche l’occasione per dimostrare la vicinanza al popolo ucraino che sta vivendo un momento difficile. Sarò lì per portare non solo la benedizione ma anche l’invito di Leone XIV a dare la speranza a un popolo che non può vivere di guerre, droni e missili».
Sulla possibilità di una tregua Sepe è prudente: «È difficile interpretare i sentimenti di certi personaggi, sta diventando tutto molto più difficile con il passare dei giorni. La Chiesa non ha missili né droni ma la preghiera. Dobbiamo fare leva sulla sensibilità dell’umanità, al di là del credo religioso, affinché l’uomo non diventi lupo di un altro uomo».
Sulla scelta del Papa di investirlo del compito di delegato, l’arcivescovo emerito è chiaro: «Ho girato il mondo, era stato anche in Ucraina quando non ero cardinale per aiutare la chiesa ad adeguarsi alle urgenze pastorali con due conferenza a Leopoli e l’altra a Kiev per presentare il catechismo». Sepe sarà accompagnato «da una delegazione ufficiale ma da qui ci saranno con me i segretari don Roberto e l’altro che è vescovo».
Sulla possibilità di un incontro con il presidente Volodymyr Zelensky, Sepe precisa che «c’è un programma stabilito per il 650esimo anniversario e la celebrazione del raccolto da parte dei contadini il giorno dopo. Incontrerò di sicuro il sindaco di Leopoli, andrò a visitare l’ospedale dove ci sono i feriti, un cimitero di guerra e poi un seminario e metterò la prima pietra alla chiesa della Madonna della Misericordia».
E ancora: «Porterò lì il cuore di Napoli, che ha un rapporto ottimo con l’Ucraina. Ricordo che abbiamo dato una chiesa per permettere alla comunità ucraina del capoluogo e del resto della Campania di riunirsi la domenica. Ma anche con i russi ci siamo mossi allo stesso modo, dando loro una chiesa per la celebrazione del rito ortodosso. Io stesso portai a Mosca una reliquia di San Gennaro e l’allora patriarca Alessio II disse che l’avrebbe messa sull’altare della propria cappella privata».
Sul ruolo più “politico” della chiesa per la pace in Ucraina, Sepe ricorda che «i nunzi apostolici, che sono gli ambasciatori della Santa Sede, sono portatori verso i governi delle istanze e dei sentimenti del Papa che ha dato più volte la propria disponibilità a fare un fronte comune per arrivare alla pace».
Non manca un commento sulla missione della Flotilla per portare gli aiuti umanitari a Gaza e sull’annuncio di Israele che i volontari saranno accolti come «terroristi»: «Che devo dire… Se uno è pazzo, è pazzo. Come si fa a definire terrorista chi parla di pace?».
E sulle azioni del pontificato di Leone XIV, Sepe chiarisce: «È prematuro dare un parere, da quello che mi viene riportato è una persona equilibrata. Ma sono appena cento giorni, aspettiamo di vedere come si muoverà il Papa specie nell’affrontare le difficoltà interne che ci saranno».
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