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Camorra
21 Settembre 2025 - 09:30
Nei riquadri Antonio Iodice “’o chiov”, Fabio Rivieccio “Cocò”, Maria Sabatelli “Miriana”, Annunziata Ingenito e Giuseppe Gambardella
NAPOLI. Ennesima, ma non ultima, spallata al clan responsabile di aver messo a ferro e a fuoco il centro storico di Napoli. L’iter processuale scaturito dalla retata che ad aprile 2021 aveva azzerato l’ultima frangia ancora attiva della “paranza dei bambini” - il temibile clan Sibillo - si è arricchito di un nuovo colpo di scena.
La quinta sezione della Corte di Cassazione, presidente Catena, ha rigettato i ricorsi proposti da cinque affiliati e fiancheggiatori della cosca. Condanne definitive dunque per Fabio Rivieccio “Cocò” (6 anni e 8 mesi), Annunziata Ingenito (3 anni e 4 mesi), Antonio Iodice “’o chiov” (5 anni e 6 mesi), Carmela Napoletano, Gaetano Portanova (2 anni e 8 mesi) e Giuseppe Gambardella (3 anni e 8 mesi).
Tutto da rifare invece per Maria Sabatelli, difesa dagli avvocati Dario Carmine Procentese e Giovanni Abet, Assunta Manzo, difesa dal penalista Procentese, e Alberto Volpe, assistito da Riccardo Cafaro. Sabatelli e Volpe erano reduci da condanne in appello piuttosto pesanti: 10 anni di reclusione la prima, 11 anni il secondo. Manzo, madre del babykiller Antonio Napoletano “’o nannone”, aveva invece rimediato 4 anni.
Per loro la Cassazione ha adesso disposto la celebrazione di un nuovo processo di merito. Nel caso di “Miriana” Sabatelli la difesa ha addirittura ottenuto l’annullamento in ordine alla qualifica del ruolo di capo e promotore del clan Sibillo; per Manzo e Volpe, invece, gli Ermellini hanno ritenuto che la motivazione in ordine all’aggravante della recidiva non fosse stata sufficientemente argomentata.
Per loro tre, ma soprattutto per la prima imputata, dunque, la partita giudiziaria si riapre. Non solo racket e droga al dettaglio. L’inchiesta aveva rivelato come negli ultimi anni il raggio d’azione del clan Sibillo si fosse esteso fino a inglobare la gestione di business criminali fino ad allora inesplorati.
Su tutti spiccava il controllo del mercato della prostituzione, con la cosca di piazza San Gaetano sempre più determinata e aggressiva nel racimolare denaro da nuove fonti. Circostanza singolare, a tenere le redini dell’affare sarebbe stato Giuseppe Gambardella, uomo di punta della “paranza dei bambini”, il quale, nonostante si trovasse già da tempo detenuto, aveva continuato a impartire ordini tramite un cellulare.
I suoi occhi sul territorio sarebbero stati quelli della moglie Carmela Napoletano, figlia di Giosuè e sorella del killer Antonio “’o nannone”. I contatti tra i due sono stati svelati grazie a una fitta attività di intercettazione. Il 10 aprile 2019 i carabinieri captano un primo sms: «Amo sto a casa agg pigliat pure e sord a de puttane po so gliut», comunicava al donna al marito.
Il successivo 14 aprile viene quindi registrata la voce di entrambi: «So no uscita un attimo fuori, perché voglio vedere se questa prostituta è venuta che mi deve dare il 20 euro, il 10 euro». La consegna sembrava però andare per le lunghe e la donna perse la pazienza: «Mi stanno facendo andare avanti e indietro, quella puttana non c’è proprio».
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