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Il caso

Respinto l’appello al Riesame, i boss Moccia restano in libertà

La Procura antimafia non ci sta: pronto il ricorso in Cassazione. Quattro udienze a settimana per chiudere il processo, avvocati difensori in rivolta

Respinto l’appello al Riesame, i boss Moccia restano in libertà

Nei riquadri gli imputati Luigi, Angelo e Antonio Moccia, Filippo Iazzetta e Francesco Favella

NAPOLI. Termini scaduti, i boss del clan Moccia restano a piede libero. Si è concluso ieri con un rigetto l’appello al Riesame proposto dalla Procura di Napoli contro la scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare di tredici di imputati “eccellenti” al processo in corso contro quella che per gli inquirenti è la potente organizzazione mafiosa dei Moccia di Afragola.

La decima sezione del tribunale del Riesame, presieduta dal giudice Dario Gallo, ha respinto l’istanza della Direzione distrettuale partenopea che aveva stimato il termine per luglio 2026 e ha confermato l’ordinanza della sesta sezione penale che a inizio agosto scorso ha rimesso in libertà, tra gli altri, Antonio Moccia, Gennaro Moccia, Luigi Moccia e Pasquale Credentino. In cella, allora, rimasero solo Angelo Moccia e Francesco Favella, detenuti per altra causa.

A quella prima tranche di scarcerazioni ne seguì una seconda che rimise in libertà altri presunti vertici del clan, a processo davanti alla settima sezione penale di Napoli presieduta dal giudice Raffaele Donnarumma. In attesa delle motivazioni, previste entro 45 giorni, la Procura già lavora al ricorso in Cassazione e anche in quel caso il collegio difensivo proverà a far vale le ragioni dei propri assistiti.

Numerosi e di spessore gli avvocati impegnati nel processo: Saverio Senese, Gennaro Lepre, Annalisa Senese, Claudio Botti, Nicola Quatrano, Dario Carmine Procentese, Claudio Davino, Ernesta Siracusa e Salvatore Pettirossi. A tutti gli imputati scarcerati alla fine di luglio è stato imposto il divieto di dimora in Campania e nel Lazio, con un obbligo di presentazione ai carabinieri: si tratta di regioni dove si ritiene che la presunta organizzazione malavitosa del Napoletano concentri le sue attività imprenditoriali.

A tre anni dall’inizio del primo grado, con 48 imputati e 60 udienze celebrate, l’iter giudiziario è ancora lontano dalla sentenza e per gli avvocati l’andamento delle udienze è stato piuttosto lento. Per l’esame del comandante del Ros Andrea Manti, ricordano, c’è voluto un anno e mezzo.

Poi c’è stato uno stop imprevisto di quasi sei mesi quando il gup di Napoli ha rinviato a giudizio gli imputati affidando il dibattimento a Napoli Nord i cui giudici si dichiararono però incompetenti. Anche i pm antimafia Ivana Fulco e Ida Teresi, già nel marzo 2023, avevano lanciato l’allarme sul rischio scarcerazioni: chiesero la celebrazione di un numero maggiore di udienze ma non fu possibile perché il collegio giudicante era troppo gravato.

L’accelerazione è arrivata pochi giorni fa con la decisione di celebrare quattro udienze a settimana fino a fine novembre. Decisione che ha scatenato la Camera Penale e l’Ordine degli Avvocati di Napoli. Secondo i presidenti Marco Muscariello e Carmine Foreste c’è il rischio di «compromettere il ruolo del difensore, primo baluardo delle libertà in ogni stato di diritto». Inoltre, sottolineano, va evidenziata la «disparità di tempo tra quello concesso all’accusa prove e quello ora imposto alla difesa».

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