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Malanapoli
26 Settembre 2025 - 09:51
NAPOLI. Bruno Abbinante, figlio di Francesco Abbinante e nipote di Raffaele Abbinante “papele di Marano”, era stato portato a processo con la grave accusa di tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso e dai futili motivi, nonché per lesioni pluriaggravate dal metodo mafioso e dai futili motivi. La Corte di appello di Napoli, sesta sezione penale, accogliendo l’impugnazione degli avvocati Domenico Dello Iacono e Luigi Poziello, ha concesso uno sconto di pena di 2 anni al “rampollo”, che è stato condannato a 8 anni e 4 mesi, a fronte dei 10 anni e 4 mesi rimediati in primo grado per il tentato omicidio di Valentino Gherardi, intervenuto per difendere il figlio Francesco Gherardi e finito in ospedale dopo essere stato accoltellato.
«Ti devo uccidere, hai capito... ti devo uccidere», avrebbe gridato Bruno Abbinante a un imprenditore edile che cercava di difendere il figlio dall’aggressione di un amico del giovane esponente della famiglia di malavita originaria di Scampia: Giuseppe Caiazzo, di due anni più grande. Il litigio, avvenuto il 4 febbraio 2024, si concluse con l’accoltellamento dell’uomo e la frattura al naso dello stretto congiunto. Il tutto per una richiesta di chiarimento circa le minacce ricevute dalla mamma di quest’ultimo la sera prima per una banale questione di viabilità a Chiaiano. A fine aprile ’24 Bruno Abbinante e Giuseppe Caiazzo erano stati arrestati su ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su richiesta della Dda e indagini dei poliziotti dell’Antirapina della Squadra mobile e del commissariato di Giugliano.
L’imprenditore quel pomeriggio accompagnò il figlio nei pressi di un bar a Marano dopo che quest’ultimo era stato avvisato di una Ford “Puma” parcheggiata in zona con targa corrispondente alla vettura su cui la sera viaggiava il giovane, poi identificato in Giuseppe Caiazzo, che avrebbe minacciato la madre davanti al cancello di casa dopo aver occupato con la macchina l’ingresso e che alle rimostranze della donna avrebbe risposto: «Se non la smetti, ti schiatto le ruote». Alla richiesta di chiarimenti, Caiazzo avrebbe reagito violentemente, sferrando un pugno al volto del giovane e tramortendolo. Poi avrebbe continuato l’aggressione inseguendolo e lanciandogli contro una bottiglia di vetro mentre l’aggredito, aiutato da un’amica, provava a mettersi in salvo scappando.
Nel frattempo era intervenuto il padre contro cui si sarebbe scagliato invece Bruno Abbinante, armato di un coltello. «Prima mi ha colpito al braccio e alla spalla, poi ho cercato scampo nascondendomi tra le auto in sosta. Ma mi ha raggiunto e ferito alla testa», ha messo a verbale l’imprenditore dopo alcuni giorni trascorsi in gravi condizioni al Cardarelli. Per l’accusa Bruno Abbinante, e in concorso Giuseppe Caiazzo, dovevano rispondere di tentato omicidio aggravato da futili motivi e dal metodo mafioso con il secondo quale concorrente morale e istigatore. Entrambi, a parti invertite, erano indagati anche per le lesioni cagionate al figlio.
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