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Le indagini

Miano, scontro tra gli eredi del clan Lo Russo

Prime ipotesi investigative, “Pescetiello” ucciso nell’ambito delle nuove fibrillazioni tra due paranze

Miano, scontro tra gli eredi del clan Lo Russo

Il luogo dell’agguato e nel riquadro la vittima Umberto Russo

NAPOLI. Sarebbe maturato all’interno di “Miano di sopra”, o “Miano e’ copp”, l’agguato a Umberto Russo, l’emergente 33enne ucciso domenica mattina nei pressi del bosco di Capodimonte. Un gruppo attualmente egemone sul territorio una volta influenzato esclusivamente dal clan Lo Russo, la cui eredità camorristica è finita nelle mani di ex luogotenenti dei “Capitoni” e di nuove leve.

Per gli investigatori uno di questi era proprio “Pesciolino”, come lo chiamavano negli ambienti di malavita, già sfuggito nel 2015 alla morte. Allora però gli equilibri nella zona erano diversi e il movente non era lo stesso. Le indagini sull’omicidio di Umberto Russo si stanno focalizzando soprattutto sui traffici di droga, il business principale della camorra di Miano.

La vittima secondo gli investigatori aveva fatto il salto di qualità, da spacciatore a capopiazza e la sua ascesa potrebbe aver dato fastidio ad altri emergenti di malavita del quartiere. Così era partito l’ordine di morte nei suoi confronti, eseguito con la più classica delle tecniche: attirato in una trappola, seguito e ucciso nel luogo del finto appuntamento.

Umberto Russo, 33 anni compiuti a giugno, si sarebbe fidato della persona sbagliata domenica mattina e con la propria Jeep Renegade è andato incontro alla morte. L’agguato è scattato alle 9 e 50 in via Miano, nei pressi dell’ingresso di porta Piccola del bosco di Capodimonte, e segue i recenti contrasti tra i due clan che si sono divisi l’eredità camorristica dei Lo Russo: gli Scognamiglio e i Pecorelli-Catone.

Ma il delitto non sarebbe collegato a essi. “Pescetiello” era appena arrivato vicino a Porta piccola, uno degli ingressi del bosco di Capodimonte, e stava per uscire dalla macchina quando sono comparsi i killer, due in sella a una motocicletta secondo le testimonianze raccolte dagli investigatori.

Ferito gravemente, è morto poco dopo al Cardarelli. Dell’omicidio si stanno occupando i carabinieri della compagnia Vomero, i quali hanno ascoltato diversi potenziali testimoni e acquisito le prime informazioni sul posto. I sicari indossavano caschi integrali e hanno fatto fuoco a pochi metri di distanza da alcuni passanti che camminavano sul marciapiede che costeggia il bosco di Capodimonte.

Si è sparso in pochi istanti il terrore, ma fortunatamente nessun innocente è rimasto coinvolto nella sparatoria. Già nel 2015 il 33enne finì nel mirino dei nemici, probabilmente non gli stessi, e per un soffiò si salvò nel corso di un agguato in via Valente. Ci andò di mezzo un 44enne incensurato che si trovò sulla traiettoria dei proiettili indirizzati a Umberto Russo. Entrambi rimasero feriti. 

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