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L'inchiesta
01 Ottobre 2025 - 09:01
NAPOLI. Riflettori puntati su una nuova organizzazione di truffatori informatici con base alle porte di Napoli. I carabinieri del comando provinciale di Genova, coadiuvati da personale della Sezione Criptovalute del Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria e dai Nas di Napoli e Salerno, con il supporto dei Comandi Arma territorialmente competenti, hanno eseguito numerose perquisizioni nelle province di Napoli, Salerno e Caserta.
Le operazioni a carico degli oltre venti indagati riguardano i reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di frodi informatiche con accesso abusivo a sistemi informatici; riciclaggio e auto-riciclaggio; utilizzo o somministrazione di farmaci o altre sostanze per alterare le prestazioni agonistiche degli atleti.
Le indagini sono partite dalla denuncia di un cittadino genovese vittima di frode informatica nel dicembre 2023 tramite la tecnica dello smishing. Questa tecnica consiste nell'invio di sms urgenti e allarmanti, simulando spedizioni di pacchi o problemi sui conti bancari, con richieste di informazioni riservate poi utilizzate dai malintenzionati.
Nel caso specifico, la vittima riceveva messaggi apparentemente provenienti dalla propria banca, segnalanti pagamenti sospetti. Successivamente, un finto operatore bancario la induceva a effettuare bonifici verso conti intestati ad alcuni indagati. Le investigazioni hanno permesso di individuare un'associazione con base in provincia di Napoli, operante su tutto il territorio nazionale, dedita alle frodi informatiche e al riciclaggio dei proventi illeciti.
L’associazione sfruttava un esercizio commerciale come punto nevralgico per la monetizzazione del denaro, anche tramite compravendita di criptovalute. Parallelamente, è emerso che uno degli indagati movimentava regolarmente ingenti somme provenienti dalla produzione e commercializzazione di sostanze anabolizzanti.
Le perquisizioni hanno permesso di rinvenire e sequestrare un locale adibito alla produzione di sostanze anabolizzanti, con farmaci e macchinari per la produzione e il confezionamento; circa 960mila euro in contanti; ma anche tre wallet contenenti criptovalute (Bitcoin, Usdt ed Ethereum) per un controvalore di circa 31.000 euro; numerose carte di credito intestate a prestanome; 50 dispositivi cellulari e 50 sim card, verosimilmente usati per attività illecite; monili in oro per un valore di circa 25.000 euro; un jammer e diversi rilevatori di frequenza che sarebbero serviti per evitare le intercettazioni ambientali. Le indagini sul caso non sono però ancora concluse, anzi potrebbe trattarsi solo del primo giro di boa.
Gli inquirenti e gli investigatori stanno infatti cercando di capire quante siano state le vittime del colossale raggiro hi-tech: una cifra che, si teme, possa facilmente aggirarsi intorno al migliaio. Tutti gli indagati restano però al momento a piede libero. Una prossima svolta potrebbe però arrivare dalle analisi tecniche che saranno eseguite nei prossimi giorni sui dispositivi finiti sotto sequestro.
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