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Camorra
06 Ottobre 2025 - 09:06
Nel riquadro Mauro Franzese, alias “Maruzziell”, referente del clan Moccia nella zona di Casoria
NAPOLI. La costola del clan Moccia che si apprestava a mettere sotto scacco Casoria a suon di estorsioni corre spedita verso la prima, possibile stangata giudiziaria. Dopo i sei fermi scattati il 10 dicembre scorso e il successivo pentimento di uno dei pezzi da novanta della cosca, Giovanni Barra “’o pazz”, la paranza capeggiata dal ras Mauro Franzese, alias “Maruzziell”, è stata rinviata a giudizio pochi giorni fa.
Tutti gli imputati hanno chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato, puntando così a un sostanzioso sconto di pena in caso di condanna. Toccherà nelle prossime udienze al collegio difensivo (composto dagli avvocati Dario Carmine Procentese, Mauro Dezio, Vincenzo De Rosa e Luigi Ciocio) provare ad alleggerire la posizione dei propri assistiti.
Quasi un anno fa, oltre al capozona Franzese, erano finiti in carcere anche altri cinque suoi presunti fedelissimi: Salvatore Barbato “’Totor ’o can”, Salvatore Ambrosio “’o chiatton”, Jonathan Piglia, Vincenzo Russo “’o magone” e Salvatore Iorio “Totore ’o siciliano”. Tutti e sei sono a vario titolo accusati di associazione mafiosa, oltre che dei reati di armi, droga, estorsione e tentata estorsione. Delitti, neanche a dirlo, aggravati dal metodo e dalla finalità camorristici.
La retata era scattata al termine dell’attività di indagine che nei precedenti dodici mesi aveva visto impegnati i poliziotti della Squadra mobile, coordinati dai sostituti procuratori Ilaria Sasso del Verme e Giorgia De Ponte e dall’aggiunto Sergio Ferrigno. Dalla lettura delle 174 pagine del decreto di fermo si apprendeva che il capo indiscusso dell’organizzazione sarebbe stato il boss Franzese, referente del clan Moccia nel territorio di Casoria.
La cosca, a partire da gennaio 2024, avrebbe messo in atto una strategia criminale serratissima finalizzata ad acquisire il controllo egemonico del territorio «attraverso l’imposizione di tangenti estorsive a imprenditori edili, commercianti e altri operatori economici». Per raggiungere lo scopo il clan non avrebbe disdegnato il ricorso a minacce, danneggiamenti e attentati dinamitardi.
Del ponte di comando, secondo la ricostruzione della Dda, avrebbero fatto parte anche Salvatore Barbato, Jonathan Piglia e Salvatore Ambrosio, attivi soprattutto nella gestione dello smercio di droga e nell’imposizione del racket. I tre, in concorso con Vincenzo Rullo, avrebbero così organizzato una serie di summit per programmare i raid, effettuando anche diversi sopralluoghi finalizzati all’individuazione delle attività da taglieggiare.
Salvatore Iorio si sarebbe invece occupato prevalentemente di droga e di organizzare alcuni incontri con i clan rivali, «anche al fine di attuare ritorsioni nei loro confronti». Ci sarebbero stati quindi tutti i presupposti per scatenare una nuova faida di camorra alle porte di Napoli. L’ultima tegola è poi arrivata a luglio scorso, con il pentimento eccellente di Giovanni Barra, che con le sue dichiarazioni ha più volte puntato il dito contro il ras Mauro Franzese e alcuni suoi fedelissimi.
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