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il processo

Il boss “Tibiuccio” rischia grosso

Pizzo a tappeto a Caivano durante la latitanza, chiesti 18 anni per il capoclan Angelino

Il boss “Tibiuccio” rischia grosso

NAPOLI. Caivano nella morsa del racket, il boss Antonio Angelino, alias “Tibiuccio”, e i suoi fedelissimi corrono spediti verso una nuova, possibile stangata giudiziaria. Il ras, seppur non in via definitiva, già di recente è stato condannato, ma adesso rischia un nuova pena anche per il periodo in cui avrebbe diretto il clan durante la sua latitanza, cioè nella primavera del 2024. Ebbene, la Procura antimafia ha invocato otto condanne, per un totale di quasi un secolo di carcere. Queste nel dettaglio le richieste di pena avanzate dal pm al termine della requisitoria: Antonio Angelino, 18 anni; Gaetano Angelino, 10 anni; Raffaele Lionelli, 11 anni; Massimiliano Volpicelli, pentito, 6 anni e 8 mesi; Grimaldi 9 anni; Michele Gaglione, 9 anni; Aniello Leodato, 12 anni; Michele Leodato, 13 anni. Toccherà nelle prossime udienze al collegio difensivo (avvocati Rocco Maria Spina, Maria Grazia Padula, Sergio Cola e Ferdinando Letizia) provare ad aprire una breccia in un quadro indiziario rivelatosi fin qui granitico. Gli imputati vale la pena ricordarlo sono a vario titolo accusati di associazione mafiose e racket.

Il gip Della Ragione dovrebbe emettere la sentenza entro inizio novembre. Sulla testa di “Tibiuccio” pendono ad oggi, oltre agli esiti dell’attività investigativa, anche le dichiarazioni di alcuni importanti neo pentiti. È appena il 7 agosto scorso quando Giovanni Barra, conosciuto negli ambienti criminali come “’o pazz” e “’o scucciato”, rende agli inquirenti della Dda di Napoli un lungo interrogatorio. Nel colloquio con i pm Barra si sofferma proprio sul periodo di latitanza di Antonio Angelino, esponente di spicco della camorra di Caivano: «Nell’incontro del 6 luglio 2023 mi recai insieme a Roberto Maugeri nel luogo dove dovevo incontrare Angelino che era furioso e avrebbe potuto ucciderci ed era armato di kalashnikov e pistola 9x21. Era furioso perché non aveva ricevuto la solita somma di 20.000 euro che da sempre riceveva. Sia la somma di 20mila euro per la droga sia quella delle estorsioni venivano consegnate nel periodo in cui era irreperibile... Angelino non aveva bisogno della lista (delle estorsioni, ndr) perché aveva in mente tutte le vittime che dovevano pagare».

Sul punto il pentito ha quindi aggiunto: «Dopo l’arresto di Angelino io presi la lista da Assunta Reccia, in modo da garantire l’esecuzione delle estorsioni ai soggetti indicati. Dopo l’arresto di Angelino c’erano io e Maugeri a garantire il programma. Quando presi la lista da Reccia le dissi “qua ora ci siamo noi” per farle capire che doveva parlare con me in quanto referente di Angelino». Barra ha quindi spiegato quali furono i successi accordi con il boss di Caivano. «In merito alla dichiarazione di Raffaele Bervicato, è vero che io proposti ad Angelino di farmi prendere tutte le estorsioni in modo da sistemare il paese e vedermi tutto io, in cambio avrei mandato 30.000 euro al mese ad Angelino. Quest’ultimo accettò la mia proposta. Era presente anche Roberto Maugeri».

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