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Studenti in prima linea

Occupati i licei Umberto e Tito Lucrezio Caro

La protesta studentesca va avanti. I collettivi insistono: «contro la brutalità di Netanyau»

Occupati i licei Umberto e Tito Lucrezio Caro

NAPOLI. La protesta studentesca a Napoli si intensifica con una vera e propria "staffetta" di occupazioni in vista della manifestazione di sabato. Nelle scorse ore, gli studenti hanno chiuso i cancelli di due istituti storici: il Liceo Umberto e il Liceo Scientifico Settimo di via Manzoni.

Gli studenti dell'Umberto spiegano che la loro azione è una risposta diretta alla «brutalità e illegalità delle azioni di Netanyahu», all'«ipocrisia del nostro governo complice del genocidio» e alla «resistenza del popolo palestinese», citando come esempi le missioni umanitarie della Global Sumud Flotilla e della Freedom Flotilla.

La loro richiesta è chiara: «Occupiamo perché vogliamo che sia fatta giustizia e che si raggiunga un reale accordo di pace», che non si limiti a un incerto cessate il fuoco, ma che riconosca il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Gli studenti denunciano anche la proposta di legge in Senato che vorrebbe condannare l'antisionismo, definendola inaccettabile in un periodo storico in cui l'antisionismo è, a loro avviso, «mai stato così legittimo».

Rivolgendosi a chi critica l'utilità della protesta, gli occupanti rispondono richiamando «il numero di civili uccisi, di edifici distrutti, la percentuale dei territori illegalmente occupati» e le numerose leggi del diritto internazionale che Israele avrebbe infranto. Il loro messaggio è perentorio: «I responsabili del genocidio devono pagare, tutti, a partire da Netanyahu e da Gallant, ex ministro della difesa, che hanno un mandato di arresto per crimini di guerra e contro l'umanità».

Simultaneamente, anche gli studenti del collettivo Tito Lucrezio Caro e del coordinamento Kaos hanno occupato il Liceo Scientifico Settimo a Napoli. «Per la prima volta, dopo tanto tempo, anche il Settimo si mette in gioco, determinato a non rimanere in silenzio davanti le atrocità commesse in Palestina, ma soprattutto davanti alla complicità del nostro governo e dei governi occidentali» dichiarano. L'azione è descritta come una «scelta consapevole e politica» e non come un «gesto impulsivo».

Oltre alla solidarietà con la Palestina, gli studenti del Settimo denunciano con forza le pessime condizioni strutturali della scuola e la mancata tutela della sicurezza del plesso. Si dichiarano sorpresi della «mala gestione di fondi pubblici, e non, che evidentemente non vengono investiti per migliorare la struttura della nostra scuola».

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