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Disagio giovanile, 87 ragazzi su 100 vogliono essere ascoltati

L’intervento della Presidente della Fondazione I figli degli Altri a Capability

Disagio giovanile, 87 ragazzi su 100 vogliono essere ascoltati

NAPOLI. “Il disagio giovanile è un fenomeno complesso, che intreccia bisogni emotivi, pressioni sociali e carenze educative. Se parliamo di disabilità, non possiamo dimenticare che la dimensione di fragilità ed il senso di esclusione, possono aumentare i rischi legati all’ansia e alla depressione perché la disabilità è ancora, purtroppo, vissuta come stigma sociale. E questo significa che: nel “diverso” specie se giovane, possono alimentarsi sentimenti di isolamento, inadeguatezza e tristezza non facili da gestire per chi gli è accanto. Senza contare il carico emotivo che la disabilità porta con sé, per gli adattamenti continui che essa comporta, la dipendenza da aiuti esterni ed il senso di frustrazione, spesso vissuto come impotenza”. 

Con queste parole la presidente della Fondazione I figli degli Altri, la psicologa e psicoterapeuta Rosetta Cappelluccio, è intervenuta questo pomeriggio alla quarta edizione di Capability, il festival sulla disabilità, in programma al Maschio Angioino, e in altri luoghi della città, fino al 19 ottobre. 

Al dibattito sulle fragilità dei giovani sono intervenuti, insieme alla Cappelluccio, anche l’assessore alle Politiche Sociali del Comune di Napoli Luca Trapanese, la divulgatrice Sophie Bertocchi e Rose, il primo cane specializzato in assistenza psichiatrica in Italia, la coordinatrice del progetto App benessere per Unina Rita Mastrullo ed il Content creator Alessandro Coppola.    

Le strutture specialistiche non sempre sono adeguate per accogliere persone con disabilità e le famiglie si trovano spesso ad affrontare difficoltà logistiche e finanziarie per garantire terapie psicologiche o psichiatriche adeguate. 

“ Ci sono poi alcuni aspetti specifici che vanno considerati – ha proseguito la Cappelluccio – come l’autostima ferita; perché un ragazzo con una disabilità può percepirsi meno “capace” o meno “valido” rispetto ai coetanei e questo porta con sè, molte volte, depressione e autosvalutazione. Così come l’ansia anticipatoria che si vive prima di ogni situazione nuova e nelle performance scolastiche di cui si teme, fortemente, il giudizio. 

Cosa fare allora ?  

“Per intervenire efficacemente su ansia e depressione nei giovani, tenendo conto della disabilità, - spiega la presidente della Fondazione I Figli degli Altri Rosetta Cappelluccio – fondamentali sono lo screening e la diagnosi precoce differenziata. La psicoterapia individuale o di gruppo, là dove è possibile, risulta un aiuto essenziale, così come la formazione per gli insegnanti, gli educatori e gli operatori sanitari capaci di riconoscere i sintomi nascosti del disagio. La prevenzione comincia a scuola e questo è fondamentale per le richieste mute di aiuto che arrivano da tutti i ragazzi, indistintamente”. 

 

Ricordiamo che La Fondazione della Cappelluccio lo scorso anno ha portato negli Istituti Superiori della città il Progetto P.A.R.L.A. (Prevenzione, Aggressività, Rischi, Legalità e Abusi) proprio per affrontare il disagio giovanile.

“ Con Parla – ha concluso la Cappelluccio – abbiamo incontrato nelle scuole di Napoli oltre mille studenti , dai 14 ai 18 anni. Quello che è emerso è che: il 40 per cento dei ragazzi ha bisogno di figure familiari positive e di adulti autorevoli, molti di loro hanno necessità di accrescere la loro autostima e ben l’87 per cento degli studenti chiede una tutela psicologica e di essere ascoltato. E questo vale per tutti” . 

La Fondazione, che lo scorso anno ha attivato lo sportello di ascolto direttamente all’interno delle scuole è al lavoro, da settembre, per crearne degli altri.

“I punti ascolto - ha confermato la Cappelluccio – rappresentano il primo avamposto sicuro per i ragazzi, un luogo di facile accesso perché all’interno della loro stessa scuola dove entrare a chiedere aiuto. E’ compito poi della Fondazione, che lavora in rete con Polizia, Carabinieri e Istituzioni, intervenire, nei casi più gravi, tutelando il minore e le loro famiglie”.

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