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22 Ottobre 2025 - 08:51
NAPOLI. Se non è un “ribaltone”, poco ci manca. Dopo la raffica di arresti con cui nell’ormai lontano maggio 2020 era stata decapitata la cupola del clan Polverino, due giudici di merito e uno di legittimità, ieri mattina la Corte d’appello di Napoli, chiamata a un nuovo verdetto dopo l’annullamento disposto dalla Cassazione, ha escluso per tutti gli undici imputati l’aggravante della “mafiosità”. Le pene, dopo i quasi 150 anni inflitti in primo grado, hanno così subito una drastica sforbiciata.
La condanna più severa è stata comunque quella rimediata dal ras Vincenzo Polverino: per lui 10 anni di reclusione. Queste nel dettaglio le condanne disposte dai giudici della quinta sezione della Corte di appello di Napoli presieduta da Mariella Montefusco: Cristofaro Candela, difeso dall’avvocato Luca Gili, 8 anni; Luigi Cerullo, 8 anni; Alessandro De Luca, 8 anni; Raffaele Di Maro, 9 anni e 8 mesi in continuazione con un’altra sentenza; Diego Giarra, 8 anni; Nicola Langella, anche lui difeso dall’avvocato Gili, 8 anni; Felice Moraca, 8 anni; Vincenzo Polverino, 10 anni; Nicola Raimondo, 8 anni, Salvatore Ruggiero, 8 anni; Luigi Visconti, 8 anni.
Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro novanta giorni. Decimato, ma ancora attivo. Così inquirenti e investigatori definivano il clan Polverino, da più di trent’anni nel campo della camorra tra Marano, dove c’è il nucleo originario, la zona dei Camaldoli di Napoli e il comune di Quarto. Nonostante il duro colpo subìto con l’arresto dello storico boss Giuseppe Polverino, detto “Peppe ’o barone”, e della maggior parte dei luogotenenti, il gruppo malavitoso aveva continuato ad operare senza sosta. Tant’è vero che il 26 maggio 2020, al termine di un’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, a sedici indagati erano state notificate dai carabinieri altrettante misure cautelari per associazione mafiosa, traffico di sostanza stupefacente e intestazione fittizia di beni. Tra loro un cugino e un cognato del padrino detenuto.
A condurre le indagini (nome in codice “Polvere 3”), sulla base soprattutto di intercettazioni telefoniche e ambientali, sono stati i carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale, che già il 2 maggio 2011 e il 4 giugno 2013 portarono a termine altre maxi-operazioni contro il clan Polverino. Il provvedimento restrittivo riguardava la frangia rimasta fedele a Giuseppe Polverino “’o barone”, che per un periodo ha ingaggiato una contrapposizione armata con gli Orlando per poi sancire la pace. Un lasso di tempo in cui le investigazioni, dal 2014 al 2017, hanno consentito di raccogliere gravi indizi a carico degli indagati per la loro partecipazione alle dinamiche criminali nell’area maranese.
Tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare anche Vincenzo Polverino, reggente dell’organizzazione, e Michele Marchesano, con compiti di gestione dell’immenso patrimonio immobiliare del clan, rispettivamente cugino e cognato del “barone”. Adesso la raffica di sconti.
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