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02 Novembre 2025 - 09:00
Nella foto controlli della polizia nelle piazze di spaccio di Ponticelli; nel riquadro il ras Giuseppe Casella, 47 anni
NAPOLI. Una scarcerazione a dir poco eccellente rischia di mettere in subbuglio lo scacchiere criminale della periferia est di Napoli. Dopo alcuni anni di ininterrotta detenzione, il ras di Ponticelli Giuseppe Casella ha lasciato il penitenziario di Cagliari per problemi di salute.
Il 47enne capozona di via Franciosa, difeso dagli avvocati Leopoldo Perone e Domenico Dello Iacono, ha infatti ottenuto, da parte della Corte di appello di Napoli, il beneficio degli arresti domiciliari. Casella è ritenuto dagli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia uno degli esponenti di spicco dell’omonima famiglia criminale, gruppo di punta della holding diretta dal clan De Luca Bossa-Minichini.
Il presunto ras di Napoli Est ha già a suo carico una condanna in primo grado a 14 anni per associazione mafiosa e un’altra, a 3 anni e 6 mesi, per l’estorsione ai danni del parcheggiatore abusivo Michele Frattini, minacciato e picchiato dal clan. Negli ultimi tempi, però, le sue condizioni di salute sono peggiorate drasticamente.
Il ras è affetto da un forma severa di cardiopatia ischemica, per la quale ha già subito un delicato intervento chirurgico. Il tandem difensivo PeroneDello Iacono, supportato da cartelle cliniche e perizie, ha quindi convinto la Corte di appello, davanti la quale Casella è ancora imputato per associazione mafiosa, dell’incompatibilità del proprio assistito con il regime carcerario.
Da qui la decisione dei giudici di scarcerare Giuseppe Casella, che già nella giorna di ieri ha lasciato il penitenziario di Cagliari per andare ai domiciliari. La sua scarcerazione rischia però adesso di creare più di qualche fibrillazione negli ambienti della mala di Ponticelli. Casella, del resto, ormai da anni fa capolino sulle pagine di cronaca locale.
Il suo ultimo arresto risaliva alla fine di novembre 2022, quando venne ammanettato nell’ambito di una maxi-inchiesta culminata nell’esecuzione di oltre sessanta arresti. A finire al tappeto era stato proprio il clan De Luca Bossa-Minichini con base tra il Lotto 0 e il quartiere Barra.
Tra i destinatari della misura restrittiva alcune vecchie conoscenze delle forze dell’ordine, come la ras in gonnella Anna De Luca Bossa, e i giovanissimi figli degli storici capiclan detenuti. Figuravano infatti Giuseppe, Anna, Emmanuel e Umberto De Luca Bossa, vertici dell’omonima famiglia malavitosa, ma anche Alfredo, Martina e Michele Minichini “Tiger”, tra i 62 destinatari delle misure cautelari emesse dal gip su richiesta della Dda di Napoli.
Le indagini - condotte dai carabinieri del nucleo Investigativo, dai poliziotti della Squadra mobile e del commissariato Ponticelli - erano suddivise in due segmenti: la prima parte risaliva all’aprile 2016 e prendeva spunto da un sequestro di stupefacente e manoscritti. La seconda ha avuto impulso nel settembre 2020, dopo alcuni atti intimidatori nei confronti di cittadini del quartiere Ponticelli, ai quali venivano chieste somme di denaro in cambio del mantenimento o dell’ottenimento di alloggi popolari.
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