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Pizzo a tappeto e gioco d’azzardo, clan Mallardo all’angolo: sei arresti

Estorsioni pianificate con una cartina: «Vicino la caserma no, troppo pericoloso»

Pizzo a tappeto e gioco d’azzardo, clan Mallardo all’angolo: sei arresti

_ Le indagini sono state condotte dai carabinieri sotto il coordinamento della Dda; nei riquadri gli arrestati Giuseppe D’Alterio e Roberto Corona

NAPOLI. C’è anche il tentativo di estorsione a un avvocato nell’inchiesta culminata ieri in sei ordinanze di custodia cautelare a carico di presunti affiliati al clan Mallardo di Giugliano, gruppo legato a doppio filo all’Alleanza di Secondigliano: i Licciardi, i Contini e appunto, i Mallardo.

Ma i carabinieri della compagnia giuglianese e la procura antimafia hanno fatto luce su altri casi di racket in cantieri sparsi sul territorio, a dimostrazione che l’attività illecita è stata abituale nel periodo delle indagini. Solo in un’occasione gli indagati avrebbero rinunciato in partenza: «È pericoloso, troppo vicino alla caserma».

Il provvedimento restrittivo è stato notificato ieri ad Alfredo Lama, 64 anni; Carmine Cerqua, 54; Giuseppe D’Alterio, 34; Roberto Corona, 32, Gennaro Ronga, 32; Giuseppe Sacco, 82enne, tutti napoletani o del Giuglianese. A quest’ultimo in considerazione dell’età avanzata il gip ha concesso gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico e il divieto di comunicare con persone estranee al nucleo familiare.

I reati contestati dagli inquirenti agli indagati (da ritenere innocenti fino all’eventuale condanna definitiva) a seconda delle varie posizioni vanno dall’associazione mafiosa all’estorsione e alla detenzione e porto illegali di armi. Nell’inchiesta figurano pure come indagati a piede liberi (e quindi anch’essi presunti innocenti) Giovanna D’Agostino, Ivan Falcone, Emanuele Piscopo e Pietro Tortorelli. Tra gli avvocati difensori i penalisti Luigi Poziello e Domenico Dello Iacono.

Le vittime in alcuni casi sono state minacciate con armi da fuoco. Il denaro ottenuto confluiva nella cassa comune per essere poi in parte distribuito tra gli affiliati e le famiglie dei detenuti mediante consegna casa per casa. Lo stipendio versato era mensile. Gli indagati stabilivano a chi chiedere il “pizzo” sulla base di una mappatura del territorio di Giugliano e proprio guardando la piantina rinunciarono in un caso: «È pericoloso, troppo vicino alla caserma».

Per i militari dell’Arma e i pm della Dda, gli indagati avrebbero agito per conto del clan Mallardo, componente di rango in quanto fondatore della federazione mafiosa chiamata Alleanza di Secondigliano. Un biglietto da visita da far paura, anche se non tutte le vittime hanno ceduto.

Di Roberto Corona un collaboratore di giustizia ha raccontato che diceva sempre: «Questa è la famiglia mia, sto con i Mallardo. Quelli della Masseria (i Licciardi, ndr) e i Mallardo sono una sola cosa». L’inchiesta ha permesso di ricostruire due episodi particolari: la disperazione del titolare di una pizzeria al quale era stato imposto di chiudere di sabato, il miglior giorno per gli incassi, e una seduta di “zicchinetto”, gioco d’azzardo che si fa con le carte napoletane, nel quale l’organizzatore dell’evento prestava anche i soldi.

In un caso un partecipante aveva ricevuto ben 140mila euro in quanto continuava a perdere e nel tentativo di rifarsi accumulava altri debiti. Una spirale da cui difficilmente si esce.

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