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Omicidio Maimone, affondo del Pg

Via al processo di appello, la pubblica accusa chiede la conferma dell’ergastolo per Valda

Omicidio Maimone, affondo del Pg

Nella foto la vittima Francesco Pio Maimone; nei riquadri Francesco Pio Valda, Alessandra Clemente, Salvatore Mancini, Giuseppina Niglio e Pasquale Saiz

NAPOLI. Innocente ucciso agli chalet di Mergellina, invocata la stangata-bis per il killer e rampollo della mala di Napoli Est. «Una condanna giusta e congrua»: così il sostituto procuratore generale Paola Correra ha definito la pena dell’ergastolo inflitta al babyboss Francesco Pio Valda, ritenuto colpevole lo scorso 30 gennaio, dalla Corte di assise, dell’omicidio del pizzaiolo Francesco Pio Maimone, assassinato da un pallottola vagante la notte del 20 marzo 2023 al culmine di una lite tra gruppi malavitosi rivali a cui era completamente estraneo.

Ieri mattina davanti alla Corte di assise di appello ha preso il via il processo di appello per l’omicidio di Maimone, che vede imputati, oltre al babyras anche un gruppo di suoi parenti e amici, in primo grado condannati a pene molto più lievi.

L’avvocato Sergio Pisani, difensore di parte civile per Antonio e Tina, i genitori della giovanissima vittima, ha chiesto l’acquisizione della sentenza della Cassazione emessa nei confronti di Rocco Sorrentino, colui che aveva la pistola usata da Valda, condannato al termine di un processo celebrato in abbreviato, che si è visto riconoscere l’aggravante mafiosa.

La Procura generale ha chiesto la conferma delle condanne per Valda, Saiz, Niglio e Clemente. Solo per Mancini ha invece chiesto al giudice una rideterminazione della pena (in tre anni e quattro mesi).

In primo grado Alessandra Clemente, la cugina 27enne del baby boss, venne condannata a due anni e sei mesi di reclusione; il 24enne Salvatore Mancini a quattro anni; Giuseppina Niglio, nonna di Valda, 75 anni, a quattro anni e sei mesi di reclusione e a una multa di 6mila euro; Pasquale Saiz, 23 anni, a quattro anni di carcere.

Del collegio difensivo fanno parte invece gli avvocati Leopoldo Perone, Antonio Iavarone, Giuseppe Milazzo e Onofrio Annunziata. Una vittima innocente, un ragazzo completamente estraneo a quella rissa scoppiata tra gruppi di giovani legati alla mala, per i cosiddetti futili motivi: una scarpa griffata sporcata, forse da qualche goccia di un drink, forse perché inavvertitamente pestata.

Pio morì tra le braccia di un suo caro amico, senza sapere neppure perché, a causa di uno dei colpi di pistola che, secondo l’accusa e secondo anche i giudici, Valda esplose all’impazzata per allontanare i suoi aggressori.

«Una sola parola volevo sentire: ergastolo», ha detto Concetta Napoletano, madre di Maimone con gli occhi gonfi, appena dopo la lettura della sentenza di primo grado, prima di ripetere come un mantra, con il marito Antonio, l’appello più volte lanciato durante le udienze: «Deponete le armi e credete nella giustizia, la vostra strada porta solo alla morte, in carcere oppure in strada».

«Le mamme non ce la fanno più - ha aggiunto - abbiamo partorito i nostri figli e qualche balordo ce li ha tolti». In aula anche il fratello di Francesco Pio, Emanuele. «Pregavo tutte le sere affinché avessimo giustizia: ringrazio i magistrati, gli avvocati e la polizia per le indagini. Noi siamo persone oneste che lavorano».

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