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Gli Scissionisti fiutano la stangata, raffica di confessioni nel processo

Colpo di scena prima della requisitoria, dieci imputati ammettono gli addebiti. La boss fa però ancora scena muta

Gli Scissionisti fiutano la stangata, raffica di confessioni nel processo

Nei riquadri gli imputati Debora Amato, Enrico Bocchetti, Pasquale Furiano, Carlo Calzone e Arturo Vastarelli

NAPOLI. Se non è un record, poco ci manca. L’udienza preliminare che sta facendo da apripista al nuovo maxi-processo a carico del clan Amato-Pagano entra nel vivo con un inatteso colpo di scena: ben dieci imputati, su un totale di poco più di cinquanta, hanno deciso di ammettere gli addebiti, alcuni depositando un memoriale, ancora prima della requisitoria del pubblico ministero della Dda.

I presunti ras e gregari degli Scissionisti puntano così a un possibile sconto di pena in caso di condanna. Ad ammettere le proprie responsabilità sono stati nella scorsa udienza Pasquale Furiano, Salvatore Sarnataro, Enrico Bocchetti, Raffaele Capasso, Gennaro Liguori, Maurizio Errichelli, Domenico Romano, Gennaro Gallucci, Gaetano Pezzella e Giuseppe Aruta. Alcuni di loro hanno anche depositato un memoriale.

Continuano invece a fare scena muta alcuni dei presunti pezzi da novanta della cosca, tra cui la ras Debora Amato, figlia della capoclan Rosaria Pagano e del defunto Pietro Amato. Il processo riprenderà tra pochi giorni con le richieste di pena della Direzione distrettuale antimafia.

Dopodiché toccherà al collegio difensivo (composto, tra gli altri, dagli avvocati Domenico Dello Iacono, Rocco Maria Spina, Roberto Saccomanno, Luigi Senese, Rocco Maria Spina, Antonio Rizzo, Gandolfo Geraci, Andrea Di Lorenzo e Michele Caiafa) provare ad aprire una crepa in un quadro indiziario rivelatosi fin qui granitico.

Pesanti, del resto, le accuse formulate dalla Procura carico della costola del clan degli Scissionisti che sarebbe stata diretta da Debora Amato. Il clan, dopo gli arresti dei capi storici, si era riorganizzato sotto l’egida delle sorelle Debora e Monica Amato. Oltre ai tradizionali traffici di droga, business principale della storica cosca con basi a Secondigliano, Melito, Mugnano e Arzano, c’era di più.

Gli inquirenti hanno ricostruito l’attività di controllo delle aste giudiziarie, l’aggressione ai bonus fiscali, il racket spiegato dai maggiorenni ai minorenni: cosa dire e quando parlare, in una specie di università del crimine. Importante era incutere timore e portare a casa i soldi del “pizzo”.

L’indagine ha messo sotto i riflettori i discendenti degli Amato-Pagano, in uno scenario di infiltrazione criminale fondato sul rapporto tra detenuti e affiliati liberi. Tra gli episodi più raccapriccianti ricostruiti grazie all’attività di intercettazione telefonica e ambientale, quello di un padre che proponeva scherzosamente alla bimba di portarla con sé mentre compiva un’estorsione.

Dopo avere contato i soldi del “pizzo” accumulato fino a quel momento, circa 3.500 euro, l’uomo decise di chiederlo anche a un bar e a una concessionaria. In scooter, incontra la compagna e la figlioletta, alla quale disse: «Mò babbo ti porta a fare l’estorsione».

Nel direttorio del clan, oltre a Debora Amato, c’erano Gennaro Liguori (marito della nipote di Raffaele Amato del ’65); Enrico Bocchetti, Emanuele Cicalese e Domenico Romano (marito di Debora Amato).

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