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solidarietà e coraggio

Angeli di Don Dolindo tra "gli ultimi"

Pasquale: «Cuciniamo a casa e gli portiamo un piatto caldo, ma abbiamo bisogno di coperte»

Angeli di Don Dolindo tra "gli ultimi"

Cibi distribuiti in strada dall'associazione Angeli di Padre Dolindo

NAPOLI. Ora sono in giro a chiedere giocattoli nuovi. Cercano "cuori generosi" per strappare un sorriso ai bambini del reparto di onco-ematologia pediatrica dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Pediatrica.

Gli "Angeli di Padre Dolindo" sono nati nel 2014, come "volontari per caso". «Avevamo istituito una cucina e una mensa nella nostra parrocchia, quella di Don Dolindo Ruotolo, nella Chiesa di San Giuseppe dei Vecchi e Immacolata di Lourdes a Salvator Rosa - racconta il presidente, Pasquale De Gennaro, impiegato nella Direzione amministrativa dell'ospedale Loreto Mare - Avevamo tanti volontari ad occuparsene. Regnava una bella armonia. Finché c'era la nipote di Don Dolindo filava tutto liscio. Poi, all'improvviso, fu chiusa. Non so il perché. Ma a me rimase dentro il pensiero di tutti quei poveri che accoglievamo con un piatto caldo e che ora non vedevo più. Dov'erano? Dovevo andare a cercarli».

Come?

«Insieme ad altri pochi ragazzi della parrocchia cominciammo a cucinare ognuno a casa propria delle pietanze per andarle poi a distribuire alla Stazione Centrale e sotto i portici della Galleria, di fronte al Teatro San Carlo, dove trovi sempre qualcuno che aspetta chi gli tenda la mano».

Eroico...

«Beh, diciamo che eravamo soprattutto sprovveduti. Incrociammo altri volontari che si dedicavano a questo servizio e loro ci chiesero se avessimo uno Statuto. Scoprimmo, così, che dovevamo adempiere a delle regole burocratiche delle quali non sapevamo nulla... Andavamo per le strade come San Francesco e ci fermavamo dove trovavamo tanta disperazione».

Vi ha creato problemi rincorrere le leggi in materia?

«No, anzi. È stato un bene. Siamo entrati in una rete di associazioni di volontariato dove ciascuno ha un proprio ambito e ruoli che spesso tornano utili per fare del bene a più ampio raggio. Ognuno per le proprie competenze, ci si aiuta nell'aiutare gli altri. E poi sono arrivati i Rosari».

In che senso?

«La nostra associazione ha il nome di Don Dolindo Ruotolo. Ci associano alla sua bontà e alla sua costante preghiera. Così, in tanti hanno cominciato a chiederci di pregare. Soprattutto gli ammalati. E allora ho fatto fare un bel quadro di don Dolindo, affinché potessero individuarci. Preghiamo davanti agli ospedali».

Perché davanti?

«Negli ospedali non possiamo entrare. E allora gli ammalati sanno che noi ci siamo. Installiamo un roll-up con l'immagine di Don Dolindo e recitiamo il Rosario. Sono nati cenacoli di preghiera, ma ora quell'onda di fervore si sta dissolvendo. È successo dopo il lockdown. Nel periodo del Covid cominciammo a pregare online. I fedeli aumentavano sempre e, poi, la fine dell'emergenza della pandemia si è portata via anche la devozione...».

E i poveri?

«Anche la povertà è cambiata. Prima noi incontravamo i cosiddetti "barboni", che per convinzione o per vicissitudini complesse della loro vita li aveva portati a vivere quella realtà. Adesso ci sono centinaia di extracomunitari, che arrivano qui e non hanno nessun luogo in cui stare, nessun lavoro per comprarsi abiti o da mangiare. E poi sono tanti i padri di famiglia che, dopo la separazione, si ritrovano poverissimi e per strada a elemosinare cibo».

Il cibo lo comprate voi?

«Ci viene donato, anche. Chi sa quello che facciamo, porta pasta, pomodori, olio e riusciamo a cucinare: con la Divina Provvidenza».

Ora però state chiedendo giocattoli per i bambini.

«E soprattutto coperte. I poveri che vivono per strada non possono utilizzare le stesse coperte per più giorni, perché dormono a terra e di notte cala l'umidità, all'aperto le coperte si inzuppano per la pioggia. Il giorno dopo vanno buttate vie. Ci servono altre coperte asciutte da distribuire».

Non trovate chi ve le dona?

«Ora sì. Ci avvicineremo al Natale e cominceranno le donazioni generose. Tutti vogliono fare un gesto di bontà. Dopo Natale, ci si dimentica che i poveri sono sempre lì e, anzi, il freddo aumenterà... Servono coperte per ora e, soprattutto, per il dopo». 

Ma è vero che c'è più gioia nel dare?

«Sì, c'è più gioia nel dare che nel ricevere, come ha detto San Paolo: "In ogni cosa vi ho mostrato che bisogna venire in aiuto ai deboli lavorando così, e ricordarsi delle parole del Signore Gesù, il quale disse egli stesso: “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere”».

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