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Camorra
01 Dicembre 2025 - 08:13
Nel riquadro il defunto boss Ciro Minichini, conosciuto negli ambienti criminali con l’alias di “Cirillino”
NAPOLI. Si è portato via i segreti di una guerra di camorra lunga trent’anni e ancora oggi non conclusa. Ciro Minichini, alias “Cirillino”, per anni è stato inquadrato come uno dei registi dell’eterna faida di Ponticelli: uno scontro all’ultimo sangue nato con la scissione dei De Luca Bossa dai Sarno e proseguito con la feroce rivalità con il gruppo De Micco.
Il ras del Lotto 0 da qualche tempo aveva scoperto, suo malgrado, di non godere più di buona salute: un male incurabile che alla fine non gli dato scampo. Minichini, proprio per questo motivo, nei mesi scorsi aveva anche ottenuto la possibilità di tornare a casa. Salvo poi tornare al 41 bis nel carcere di Opera: qui si è spento pochi giorni fa, quando la malattia è tornata ad aggredire il suo fisico ormai debilitato.
Quello di Ciro Minichini era diventato negli anni uno dei nomi di punta della criminalità organizzata di Napoli Est. Non a caso in passato era stato condannato a ben sei ergastoli, poi cancellati e rimodulati al ribasso dopo aver ammesso gli addebiti. “Cirillino”, al netto delle confessioni rese nelle aule di giustizia, non ha però mai voluto collaborare con la giustizia.
Ha tenuto per sé i segreti della faida di camorra che da oltre trent’anni avvelena e insanguina le strade della periferia est di Napoli. Si è però portato via anche il dolore insanabile dovuto alla morte violente del figlio, Antonio Minichini, ammazzato nel 2013 nell’ambito di una vendetta trasversale firmata dai rivali del gruppo dei “Bodo”.
Il suo nome era balzato nuovamente alla ribalta della cronaca nel 2019. Reduce già da tre conferme della proroga del carcere duro, il ras di Ponticelli aveva ottenuto dai giudici della prima sezione della Corte di Cassazione l’annullamento con rinvio dell’ultima ordinanza con cui il tribunale aveva confermato la proroga biennale del carcere duro.
Una speranza, quella del boss di Ponticelli, che si sarebbe però spenta di lì a qualche tempo: anche in seguito rimase infatti recluso al 41-bis, passando però dal carcere di Novara, dove era detenuto all’epoca, a quello di Opera, dove è deceduto pochi giorni fa.
Ciro Minichini, plenipotenziario del clan De Luca Bossa dopo l’arresto del boss Antonio De Luca Bossa “’o sicc”, aveva ottenuto a ottobre 2016, al termine del secondo grado di giudizio, l’ennesima rimodulazione del fine pena mai. I giudici della Corte di assise di appello avevano infatti rivalutato “al ribasso” il suo ruolo nell’ambito dell’omicidio di Raffaele Riera, il 17enne ammazzato nel lontano luglio 1996 dopo essere stato accusato dai vertici della cosca di aver intrattenuto una relazione extraconiugale con la donna sbagliata.
Quella donna si chiamava Anna De Luca Bossa, sorella del ras scissionista e moglie dello stesso Minichini. Per quel delitto se l’era cavata con una condanna a vent’anni di reclusione. Tra gli omicidi per i quali Minichini è stato imputato c’era anche quello di Salvatore Tarantino, pezzo grosso del clan Sarno trucidato nel 2009 in un’imboscata tesa nel Lotto 0.
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