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Truffe nel mirino dell’ergastolano, Giannelli comandava dal carcere

L’affare dei raggiri online fiutato dal capozona di Cavalleggeri

Truffe nel mirino dell’ergastolano, Giannelli comandava dal carcere

NAPOLI. I truffatori online nel mirino della camorra attraverso il web patrolling. È emerso anche questo dall’inchiesta della procura antimafia di Napoli, su indagini dei carabinieri, culminata all’alba di ieri nell’esecuzione di 21 arresti di presunti affiliati o fiancheggiatori del clan Licciardi (da considerare innocenti fino all’eventuale condanna definitiva). La famiglia malavitosa, componente la federazione criminale chiamata Alleanza di Secondigliano, ha fiutato l’affare e attraverso alcuni gruppi camorristici satellite imponeva il pizzo a coloro che mettevano a segno le truffe attraverso il phishing.

Gli investigatori lo hanno scoperto intercettando le comunicazioni dal carcere di uno dei destinatari delle misure cautelari, Alessandro Giannelli, ascoltato mentre faceva la cosiddetta “imbasciata” (comunicazione) ai truffatori della zona di Cavalleggeri. A questi ultimi chiedeva di versare al suo gruppo parte dei guadagni frutto delle truffe telematiche: nella comunicazione intercettata il 26 aprile 2022, il ras chiedeva una tangente da 50mila euro a chi aveva operato le truffe nella zona di sua competenza, via Cavalleggeri, tra i quartieri di Fuorigrotta e Bagnoli. Uno dei destinatari della richiesta estorsiva, per sfuggire alle pressioni di Giannelli, addirittura fuggì in Spagna.

A scoprire il business delle truffe informatiche era stato proprio il pregiudicato: tenendo sotto controllo il social network TikTok, infatti, aveva trovato un video in cui uno dei presunti truffatori si era fatto riprendere in maniera goliardica con tremila euro in mano. La circostanza l’aveva indotto a rintracciare l’uomo e a formulare la richiesta estorsiva. Proprio dalla zona occidentale è partita l’inchiesta della Dda. Il 26 marzo 2021 è stata registrata una conversazione in ambientale tra Simone Sorianiello (assurto ai vertici della omonima consorteria dopo l’arresto di Giuseppe Mazzaccaro), Raffaele Caprio “’o cuppin”, ritenuto il capo della piazza di spaccio della “99” del rione Traiano, nonché appartenente al gruppo di fuoco del clan di Soccavo, Alfonso Sorrentino “’o buttafuori, già affiliato agli Iadonisi, Luigi Esposito, tutti non indagati nella vicenda giudiziaria in corso tranne quest’ultimo.

La conversazione è di rilevante interesse investigativo poiché consente di ricondurre i motivi della visita di Luigi Esposito ad un’aggressione patita da un nipote non identificato di Ciro Trambarulo, sicché secondo la ricostruzione degli inquirenti sarebbe stato certamente nell’interesse di quest’ultimo che Esposito abbia agito da portavoce. Man mano sono stati documentati l’egemonia di Paolo Abbatiello nel clan ed il suo rapporto con gli affiliati, identificati in Luigi Esposito, Salvatore Sapio, Giuseppe Lucarelli, Raffaele Cardamone, Giuseppe Pellegrino, Gennaro Cannavacciuolo, Gennaro Esposito, Salvatore Montanino, Giuseppe Pellegrino, Giovanni Esposito “o’ chicco”, Luigi damasco, Giuseppe Celentano, Raffaele Fiore e Luca Gelsomino. Tra essi è emersa la figura di Salvatore Sapio, nipote di Paolo Abbatiello, quale uomo di fiducia con ruolo operativo all’interno del clan. Secondo gli investigatori Luigi Esposito e Salvatore Sapio sarebbero stati agevolati talvolta dalle rispettive compagne, Martina Ferrara e Vincenza Russo detta “Enzina”.

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