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La critica
04 Dicembre 2025 - 08:21
NAPOLI. Un recente e severo reportage di “Politico Eu” ha definito Napoli un «centro commerciale a cielo aperto, ridotto a un parco giochi popolato da turisti di passaggio», un giudizio condiviso da diverse testate internazionali come il britannico The Telegraph, che parla di "Disneyfication" della città.
Napoli, insieme a Venezia, Roma e la Liguria, è ormai al centro del dibattito sull'overtourism e la gentrificazione, fenomeni che stanno lentamente trasformando le icone del «sogno italiano in cartoline senz'anima». Nel capoluogo partenopeo, la critica è palpabile soprattutto su via dei Tribunali, ormai invasa da folle e gruppi organizzati.
«L’attrazione di vico Fico al Purgatorio, dove la folla si ammassa per toccare il naso di Pulcinella – una tradizione inventata e priva di radici storiche, divenuta virale sui social – incarna il paradosso di un consumo turistico vuoto» hanno detto alcuni residenti.
Dietro i numeri record di presenze si celerebbe dunque una vera e propria emergenza sociale. Il sociologo e attivista Francesco Calicchia, residente nel rione Sanità, denuncia senza mezzi termini: «Il centro storico di Napoli è morto. Quelle strade non sono più quartieri. Non ci sono più napoletani, non c’è più vita vera».
La sua critica è condivisa dal geografo economico Ugo Rossi, che parla di «minaccia esistenziale» per i residenti. I bassi dei rioni popolari, un tempo cuore vivo e rumoroso della città, sono stati progressivamente sostituiti da negozi di souvenir e da un Bed & Breakfast ogni tre appartamenti. Questa dinamica ha innescato uno "sfratto sociale" (come lo definisce il Telegraph): i residenti di lunga data sono spinti ai margini da salti di affitto insostenibili e sfratti improvvisi causati dal business delle locazioni brevi.
In questo contesto, l'esperta di overtourism Anna Fava parla esplicitamente di «parco a tema», citando il caso emblematico di Largo Maradona. L'impatto del turismo di massa va oltre gli alloggi e tocca la dimensione culturale, compresa quella gastronomica.
Si sta assistendo a una "foodification" o, più precisamente, a una "neofoodification", dove le botteghe storiche e le librerie lasciano posto a catene di pizzerie, friggitorie e locali omologati, creando un immenso buffet a cielo aperto. Il fenomeno è alimentato da un turismo culinario sempre più veloce: un'esperienza mordi e fuggi che si manifesta con file chilometriche e il consumo di cibo sui marciapiedi.
L'articolo del Courrier International, evidenzia che la cucina, da cultura condivisa, si trasforma in un appuntamento rapido, perdendo il suo ruolo identitario. Il rischio è che le città perdano le proprie radici culturali sotto il peso di questa turistificazione superficiale. Accanto alle denunce, il Telegraph riconosce che il boom di Napoli è dovuto a fattori come l'accessibilità dei voli low cost e una migliore immagine mediatica veicolata da serie, libri e film.
Esiste inoltre un ampio fronte che vede nel turismo l'unico settore davvero florido per l'economia locale. La tensione di perdere l'identità cittadina e la consapevolezza che senza turismo l'intero sistema economico ne risentirebbe è destinata a crescere. L'assessora al Turismo, Teresa Armato, ha spiegato che il Comune sta monitorando gli affitti brevi e studiando misure per garantire alloggi accessibili.
Tuttavia, la critica degli studiosi, come Saverio Monte, che vede nell'arrivo di grandi eventi come l'America’s Cup un «impatto paragonabile a un terremoto sociale», evidenzia la sfiducia nella capacità istituzionale di riportare un equilibrio tra esigenze dei residenti e sfruttamento turistico. La sfida cruciale per Napoli è accogliere senza snaturarsi, salvaguardando quel patrimonio di tradizioni e relazioni che costituisce il vero cuore della sua ricchezza.
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