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Camorra

Un esercito di invisibili per il ras, svelata la strategia di Abbatiello

Il reggente dei Licciardi sapeva di essere nel mirino delle forze dell’ordine

Un esercito di invisibili per il ras, svelata la strategia di Abbatiello

Nel riquadro Paolo Abbatiello, considerato da inquirenti e investigatori l’ultimo reggente del clan Licciardi

NAPOLI. Paolo Abbatiello sapeva di essere nel mirino delle forze dell’ordine, anche perché sorvegliato speciale, e aveva scelto come autista nonché suo factotum un insospettabile: Giuseppe Celentano, 45enne incensurato di Miano. Una persona senza precedenti penali e con un lavoro, figura ideale per gli scopi del reggente del clan Licciardi, che lo utilizzava per gli spostamenti personali e per le “imbasciate”.

In questi ultimi casi l’uomo andava da solo, facendo sì che il capo non comparisse proprio. Secondo gli inquirenti, che hanno chiesto e ottenuto per Giuseppe Celentano la misura cautelare della custodia in carcere, Paolo Abbatiello in passato aveva utilizzato un altro incensurato come fidato collaboratore: Gennaro Esposito, per il quale pure il gip ha disposto il carcere. Per entrambi il giudice ha compiuto una valutazione attenta prima di decidere proprio per la fedina penale pulita di entrambi.

Complessivamente sono 21 i provvedimenti restrittivi, di cui tre agli arresti domiciliari. All’alba di martedì lo Stato ha inferto un duro colpo ai ras della Masseria Cardone con 20 ordinanze di custodia cautelare eseguite su 21 disposte, frutto di un’inchiesta che ha passato il clan ai raggi X.

Tra i destinatari finiti in carcere, o già detenuti per altre vicende, figurano Paolo Abbatiello, Luigi Esposito, il nipote di quest’ultimo Giovanni Strazzullo “’o chicco”, Alessandro Giannelli ras di Bagnoli che si teneva in contatto con l’esterno dal carcere con un cellulare, e Salvatore Sapio. Mentre ai domiciliari sono finte Martina Ferrara e Vincenza Russo, mogli rispettivamente di Esposito e Sapio, e Teresa Marino.

Le indagini condotte dai carabinieri dei carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Napoli (generale Biagio Storniolo, tenente colonnello Antonio Bagarolo), sono state coordinate dalla Dda partenopea (procuratore Nicola Gratteri, procuratore aggiunto Sergio Amato). Inquirenti e investigatori che hanno anche ricostruito l’attività di intermediazione del clan Licciardi tra debitori e creditori, accertando che pure la cosca Mazzarella era dedita all’affare illecito.

Lo dimostrerebbe l’episodio in cui un imprenditore sollecitato dai Licciardi a pagare chiese aiuto ai Mazzarella, che però sancirono la legittimità della richiesta avanzata dai rivali e quindi per la vittima non cambiò nulla. Sul fronte della gestione delle case popolari dall’inchiesta è emerso il caso di una famiglia costretta a pagare per tenersi la casa che le era stata assegnata. Una plateale dimostrazione di potenza, basata sul controllo capillare del territorio.

Per il procuratore Gratteri «stabilire gli alloggi popolari a chi debbono andare significa gestire il potere ed è tipico del comportamento mafioso. Le famiglie favorite dal clan, quando sarà il momento di votare, voteranno chi verrà indicato dalla camorra. I Licciardi come i Mazzarella, hanno un territorio in cui i cittadini sono ospiti. In ogni attività, lecita o illecita, devono metterci il becco».

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