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Insulti sessisti alle calciatrici, ecco cosa è accaduto

Valeria Alinei è la responsabile della comunicazione, le ragazze affidano a lei i loro sentimenti e cosa chiedono per superare il gap con le squadre maschili

Insulti sessisti alle calciatrici, ecco cosa è accaduto

NAPOLI. Doveva essere una partita come tante. Solo che al termine invece che i reciproci complimenti sui social sono apparsi insulti sessisti da parte dei ragazzi del Don Guanella, ovvero i ragazzi di don Antonio Manganiello che ha già annunciato provvedimenti durissimi. Valeria Alinei è la responsabile della comunicazione della Napoli Women, racconta al Roma quanto accaduto.

«Un episodio spiacevole che ci ha viste reagire, senza criminalizzare la squadra avversaria. Volevamo che da questa vicenda si imparasse qualcosa. Quello che è accaduto è finito in insulti sessisti, versi, sbeffeggiamenti. Addirittura messaggi in privato alle nostre atlete. Ci sono cose che non possono essere tollerate né in campo né tanto meno quando quegli insulti superano la linea di demarcazione. Quando ragazzi giovanissimi insultano privatamente le nostre calciatrici c’è un problema. Soprattutto nei settori giovanili le società hanno delle responsabilità rispetto alla formazione dei ragazzi e delle ragazze. La ragazza che gioca a calcio nel 2025, deve ancora sentirsi parlare alle spalle. C’è evidentemente un problema culturale».

Non avete condotto alcuna “mostrificazione” nei confronti di chi ha insultato le vostre calciatrici. Perché?

«Perché parliamo di ragazzini che hanno evidentemente ereditato un linguaggio ed una cultura, che hanno dunque bisogno di formazione ed educazione».

I giovanissimi non indirizzati di oggi rischiano di trasformarsi negli uomini violenti di domani?

«Le statistiche ci dicono di sì. È fondamentale fermare oggi i sintomi della prevaricazione, del sessismo in qualsiasi forma ed è giusto che si vada quanto meno a provare almeno a correggere, senza gridare al “tagliategli la testa”. Il tema non è puntare il dito, bensì fare una riflessione complessiva. Lo sport deve avere e ha delle responsabilità educative e come società dobbiamo porci il problema più di altri. Probabilmente il calcio femminile ha ancora molto da fare in questo senso. La pallavolo femminile è rispettata quanto quella maschile, con il pallone non è così ed è fondamentale domandarsi il perché ma ancor di più trovare delle risposte insieme».

Le ragazze come stanno sul piano del morale?

«Questa partita era quella di una nostra under17 contro una under14 maschile. Non ci sono - ahinoi -moltissime squadre femminili quindi il campionato federale vero e proprio inizierà a febbraio: per non “tenere ferme” le ragazze partecipiamo al campionato provinciale senza figurare in classifica. Quanto accaduto anche a livello psicologico è evidente: le nostre calciatrici hanno anche provato a sorvolare sugli insulti, hanno cercato di assorbire molto di quanto gli è accaduto. È arrivata però la loro rabbia, lo sbarco sui social di quegli insulti e di quell’aggressività ci ha spinti in quanto società a mobilitarci e ad agire concretamente».

Quali sono i prossimi passi?

«Ci farebbe piacere attivare – ne ho parlato con la Città Metropolitana e con il Comune – ulteriori progetti nelle scuole e nei luoghi della formazione. Lo facciamo già ma portare ancora più energicamente il tema dell’Empowerment femminile attraverso il calcio ci pare sensato e urgente».

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