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L'inchiesta

«Così fermammo lo scontro Sequino-Lepre»

Le rivelazioni sul summit per riportare la pace tra i vicoli del centro di Napoli

«Così fermammo lo scontro Sequino-Lepre»

Salvatore Giuliano “’o russ”

NAPOLI. «Un nipote dei Lepre del Cavone fu pestato da quelli della Sanità e nasce un contrasto che noi Giuliano, come mediatori, riuscimmo a fermare».

Il retroscena emerge dalle dichiarazioni di Salvatore Giuliano “’o russ”, il giovane capoclan della storica famiglia di Forcella poi diventato collaboratore di giustizia.

I pubblici ministeri della Dda le hanno inserite nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di otto giovani esponenti del clan Sequino, accusati di possesso di armi aggravato da finalità mafiose. Il pentito ha ricostruito pure lo scenario camorristico creatosi da qualche anno nel Rione Sanità, tra vecchi e nuovi ras.

«Un giovanissimo legato al gruppo Lepre fu picchiato in via Salvator Rosa e in quell’occasione il gruppo della Sanità esplose anche dei colpi d’arma da fuoco», ha messo a verbale Salvatore Giuliano “’o russ”.

«Nella stessa serata ci fu la risposta del clan Lepre, con alcuni componenti che spararono nella parte alta di Materdei. Questi fatti io li appresi immediatamente da Genny Marino che venne a informarmi e poi nel corso di una riunione avvenuta il giorno dopo a Forcella per chiarire i fatti».

Con la consueta premessa che le persone citate devono ritenersi estranee ai fatti narrati fino a prova contraria, ecco altri passaggi dell’interrogatorio reso ai pm antimafia dal collaboratore i giustizia. «Alla riunione presero parte per conto del Cavone “Masaniello”, Giuseppe e Luigi Lepre, Francesco Lepre figlio dello “sceriffo” e tale “’o fagian” di cui non ricordo il nome, per i Mazzarella, Salvatore Barile, Capuano e Bonavolta; per conto dei Quartieri Spagnoli, Eduardo Saltalamacchia, Masiello detto “Cucù” e “boxer”.

Durante l’incontro ci furono accuse reciproche tra i gruppi del Cavone e della Sanità. Ciascuno rimproverava all’altro di non appartenere alla famiglia cui diceva di appartenere e c’era una grande confusione. Alla fine si decise per una tregua, nel senso che i rappresentanti dei due gruppi, Genny De Marino e “Masaniello” avrebbero dovuto mediare o comunque parlarsi tra di loro per sanare i dissidi».

Continuando nel racconto Salvatore Giuliano mise in evidenza quanto fosse importante per la malavita del centro di Napoli evitare atti violenti «che danneggiavano soltanto gli affari del clan». «Da quel momento - concluse nel verbale d’interrogatorio - non sono più accaduti contrasti aperti o “stese” tra i due gruppi. Non più quindi, gravi fatti, almeno per quel che mi risulta fino a quando sono stato arrestato».

L’ultima inchiesta sulla camorra della Sanità ha avuto il clou giovedì scorso, quando sono scattate le otto misure cautelari in carcere decise del gip: oltre che per il 26enne Alexandr Babalyan (unico già detenuto), anche per il 24enne Luis Antonio Amodio, il 24enne Gennaro De Marino, Ciro Esposito, 39 anni, Salvatore La Salvia, 26, Francesco Pio Massaro, 22, Danilo Peraino, 27, e Ivan Zinzi, 32.

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