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02 Aprile 2019 - 10:37
Chiuso il primo aprile del 1997. Un capitale culturale “proibito” da 150milioni di euro
CASTELLAMMARE DI STABIA. È chiuso da 22 anni. L’Antiquarium stabiano, circa 8mila reperti provenienti dal sito dell’antica città di Stabiae è un patrimonio di frammenti di affreschi e “quadretti”, provenienti per la maggior parte da Villa San Marco, ma anche da Villa Arianna e Villa Carmiano, stucchi da Villa Petraro, oggetti recuperati nelle necropoli, in particolare da quella di Madonna delle Grazie, statue, materiali architettonici e ceramici provenienti dagli impianti residenziali della zona, oltre ai tanti materiali di età romana e cristiana, recuperati durante la costruziine della cattedrale di Maria Santissima Assunta. Fu chiuso il primo aprile del 1997 e a ricordarlo ieri, sul suo profilo Facebook è stato Pierluigi Fiorenza. «Chiuso dal primo aprile 1997. Sembrava un brutto pesce d’aprile e invece continua a essere una triste realtà tanto che le porte dell’Antiquarium stabiano restano inesorabilmente sbarrate - afferma il direttore artistico del Teatro Karol di Castellammare di Stabia - Incredibilmente, ottomila reperti di pregevole fattura non riescono a trovare una nuova e definiti- va collocazione, se non a chiacchiere. Eppure con un calcolo ap- prossimativo il loro valore (tra affreschi, statue e corredi funerari) si aggirerebbe sui 150 milioni di euro”.
Il Museo, istituito nel 1959 dal preside Libero D’Orsi, è diventato nel corso degli anni un triste deposito di reperti abbandonati.
«La chiusura è uno smacco per la vocazione turistica della città e i motivi che ne determinarono la chiusura sono stati l’umidità, la polvere, l’intonaco scrostato, l’in- sufficiente areazione, gli infissi deteriorati e l’esistenza di un so- lo servizio igienico, come si evin- ce dal verbale dell’Asl del 3 dicembre 1996 - ricorda Fiorenza - Castellammare riavrà mai il suo Antiquarium? Per piacere astenersi perditempo». Gli risponde lo storico stabiese Giuseppe Plaitano: «Qualche mese fa, transitandovi, notai degli operai e la struttura aperta. Chiesi a cosa fosse dovuto e la risposta che ne ri- cevetti fu la seguente: “Stiamo spostando alcuni reperti”. Tutto qui. Ovviamente non sapevano dove sarebbero andati». Un’allarmantr testimonianza che do- vrebbe far saltare dalla sedia gli amministratori cittadini, criticati da Aniello D’Orsi che scrive: «È un perenne schiaffo in faccia, un pugno nello stomaco che passa dalla parte della schiena».
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