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09 Novembre 2018 - 12:05
Secondo l'accusa, avrebbe fatto assumere il figlio ingegnere in un'azienda chiudendo in cambio un occhio sulle irregolarità riscontrare nei rapporti di lavoro
NAPOLI. L'assunzione del figlio ingegnere in una società in cambio di un favore nell'ambito di un appalto. E' quanto contestato dalla Procura di Avellino al capo dell'Ispettorato interregionale del lavoro di Napoli, Renato Pingue, raggiunto da un'ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari eseguita dai Carabinieri del nucleo investigativo di Avellino per corruzione in concorso con l'amministratore delegato di una società irpina operante sul territorio nazionale. Nei confronti di quest'ultimo imprenditore e del legale rappresentante di una spa che opera nel settore della fornitura di manodopera per servizi vari, è stato inoltre eseguito un provvedimento di sequestro preventivo per equivalente per l'importo di circa 2 milioni di euro. Secondo quanto appurato dalle indagini sviluppate dai Carabinieri del Nucleo investigativo di Avellino sotto la direzione della Procura irpina, l'alto dirigente colpito dal provvedimento cautelare, all'epoca dei fatti anche direttore provinciale del Lavoro, avrebbe ottenuto l'assunzione di un figlio ingegnere da parte della società in questione per compiere atti contrari ai propri doveri d'ufficio, nell'ambito di un procedimento ispettivo di competenza dell'ufficio da lui all'epoca diretto, relativo ad un appalto per la fornitura di servizi tra le due società colpite dal sequestro preventivo, la prima in qualità di committente e la seconda in qualità di appaltatrice. Le due società erano state oggetto di verifica e accertamento di irregolarità da parte degli ispettori del lavoro dipendenti dell'arrestato che, in cambio dell'assunzione del figlio, nel corso del procedimento di accertamento avrebbe dato disposizioni affinché nelle comunicazioni ai lavoratori, che riuniti in cooperative svolgevano servizi in favore delle società, venissero omesse indispensabili informazioni che avrebbero consentito agli stessi di esercitare appieno i loro diritti di rivalersi per spettanze e contributi mai percepiti anche nei confronti delle due società in qualità di committente.
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