Cerca

Lettere ai detenuti, i giorni dell'amore a Poggioreale

Lettere ai detenuti, i giorni dell'amore a Poggioreale

«Pochi minuti e ti rivedrò, papà», scrive Tony prima dei colloqui in carcere. Rosaria: «Tu torni nel buio e io a casa ma senza te»

di Luca Maurelli

NAPOLI. «Buongiorno, si va dal mio papà». Serena, ragazzina dallo sguardo timido, vede ancora Soy Luna in tv, non sa nulla di Gomorra, boss, leonesse e savastani. Sa che almeno una volta al mese può varcare il portone di Poggioreale (nella foto), lasciarsi perquisire delicatamente dalle guardie e guardare negli occhi il detenuto che l’ha messa al mondo e che non può vederla crescere, almeno per il momento. Serena è solo una delle tante donne che vivono il giorno dell’incontro in carcere con la gioia del grande evento, da annunciare su Fb, registrandosi all’indirizzo di via Nuova Poggioreale pochi istanti prima di entrare, magari mentre fa la fila. Come se il suo uomo, il padre, il marito, il fratello, potesse leggere in tempo reale che lei è lì fuori per lui. 

I colloqui, in qualsiasi carcere, sono un bene prezioso, per chi arriva e per chi aspetta. Sei al mese, per legge, che possono aumentare in casi eccezionali, quattro per i detenuti condannati per reati gravi, un’ora per tutti, che può diventare due, con al massimo tre persone, un tavolo, un vetro divisorio che andrebbe tolto per legge ma non ovunque è già così. I figli, nel carcere più affollato d’Italia (2.296 detenuti a fronte di una capienza di 1.638 persone) sono i più assidui, i più puntuali, i più espansivi, anche nell’annunciarsi. «L’unico uomo della mia vita, babbo», scrive Rita, prima del colloqui. «Pochi minuti e ti rivedrò, papà», si confida sui social Tony, ragazzino “orfano” di genitore malavitoso.

Sono quelli i giorni dell’amore, a Poggioreale, per figli e mamme, ma anche per mogli, fidanzate, compagne, in quel girone dell’Inferno dal quale si risorge per un’ora grazie alla grazia di un sentimento che riemerge nell’abbraccio della coppia, divisa dal destino e dalla legge, come in un verso di Dante dedicato a Paola e Francesca, amanti, peccatori e inseparabili fino alla morte. “Amor, ch'a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m'abbandona” (Canto V, Inferno, Divina Commedia). Piacer sì forte che non abbandona neanche Susy. Sta arrivando, le sue parole sono poesia: «E stamattina si corre dove il cuore gioisce di gioia e vero e solo con un’ora ma amore mio sappi ke tutto questo un giorno finisce e tornerai nelle mie braccia ti amo…».  La donna che ama sa essere esplicita e sintetica, anche su Fb: «Tu sei il mio stare bene, gia mi manchi», scrive Patty appena uscita dal portone del carcere, intanto una mamma arriva e lo annuncia sul gruppo dei parenti dei detenuti: «Buongiorno a tutti voi, amici e parenti di Fb oggi teng o core ind’o zucchero vedo mio figlio non vedo l’ora di vederlo, vita sto arrivando, ti amo». Ancora una moglie, è Imma: «Si parte verso te vita mia buongiorno, le chiacchiere se le porta il vento…». Dall’altro lato della città, a Secondigliano, nell’altro carcere di Napoli, Katiuscia è in fermento: «Un’ora d’amore con il mio amore, sei tt la mia vita, io e te fine pena, mai ti stramooo carnalità», «Arrivo amore mio», scrive invece Melania mentre a Poggioreale Marinella cita una canzone di Edoardo De Crescenzo, «Ma io ce credo, ancora ce credo, che l’ammore a nnuje ce po’ salva’…».
La lettera d’amore più bella ed emozionante, quasi il copione di un film che dura minuti interminabili, l’ha affidata a Fb Rosaria, che racconta il prima, il durante, il dopo. «Arrivo lì una volta a settimana dopo una lunga settimana attendiamo questo giorno, ci svegliamo di mattino presto io da una parte e tu dall’altra, mi preparo mi faccio bella per te… sono arrivata, ti preoccupi se possa accadermi qualcosa, senti i passi della guardia che si avvicina alla tua stanza, il rumore assordante delle chiavi e una voce forte che ti avvisa di scendere a colloquio, il tuo cuore batte forte il mio quanto il tuo… dietro ogni cancello che si chiude i brividi dietro la schiena di cancelli che si aprono e chiavi enormi che richiudono, finalmente sono in sala sento in lontananza che stai arrivando, il sangue nelle mie vene bolle, il cuore si esalta, si apre il blindato entri tu bello come il sole gli occhi e l’anima stanca ormai ma con un sorriso da far paura io ti guardo e mi innamoro sempre di più… Cammino lungo i corridoi, si richiudono i tanti cancelli dietro le mie spalle, tu stai ritornando nel buio più totale ed io torno a casa in tanta luce ma buia senza di te, entro in auto e da lì inizia la rincorsa verso un’altra settimana! Entri in quel posto e credo per il resto della vita non ci esci più dai ricordi dalle persone che hai conosciuto dalle vite difficili che incontri bambini con occhi spalancati innocenti di un destino troppo crudele per loro, madri, mogli, fidanzate, figli, padri, amore incondizionato, occhi spenti di sofferenza, donne coraggio, chi più chi meno chi per niente ma ognuno la propria storia…».

Occhi spenti, ma oltre l’ammore c’è anche la felicità, nei pensieri dei detenuti, come quelli che hanno affidato le proprie lettere al giornale del carcere, “Liberi di informare”, che da gennaio don Franco Esposito, cappellano di Poggioreale, realizza con il contributo degli stessi carcerati. “La felicità per me è anche vedere crescere i propri figli”, scrive Ciro. La ricerca della felicità è un percorso più difficile dell’incontro con l’amore perché non incrocia il destino, ma solo la forza di volontà, che lì dentro è tutto.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori