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Omicidio Iacone, 15 anni dopo 7 arresti nel clan Vollaro

Omicidio Iacone, 15 anni dopo 7 arresti nel clan Vollaro

Tutti già in carcere, tranne un 36enne napoletano rintracciaro a Pesaro

PORTICI. Nella mattinata odierna gli agenti del Commissariato di Portici, sotto il coordinamento della Dda, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di Applicazione di Misura Cautelare  Coercitiva, emessa dal Gip del Tribunale, a carico di Pietro Vollaro, 55 anni, Giuseppe Vollaro, 50, Antonio Romagnoli, 48, Antonio Froncillo, 40, Ciro Nocerino, 33, Giuseppe Toti, 56, Mariano Donadona, 36, capi ed affiliati della organizzazione di stampo camorristico dei Vollaro di  Portici, perché ritenuti gravemente indiziati di porto e detenzione di arma, spari in luogo pubblico, ricettazione e omicidio premeditato in danno di Giuseppe Iacone detto “Peppe 'o furnaro", in concorso tra loro e aggravato dal metodo mafioso. I fatti risalgono al 28 maggio 2004, quando in via Bellucci Sessa a Portici (nella zona del vecchio mercato) veniva segnalata l’esplosione di colpi d’arma da fuoco. Due feriti nell'agguato: Iacone, 42 anni, bersaglio dei sicari, e Antonio Roussel, venditore ambulante, finito per errore nella traiettoria degli spari. Soccorsi da personale 118, venivano trasportati presso l’ospedale Loreto Mare di Napoli. Iacone morì due ore di intervento chirurgico; Roussel riportava ferita d’arma da fuoco al fianco destro con prognosi di 10  giorni. I fatti risalgono al 28 maggio 2004, quando in via Bellucci Sessa di Portici veniva segnalata l’esplosione di colpi d’arma da fuoco. Due i feriti, tra cui Iacone. I due, soccorsi da personale 118, venivano trasportati preso l’ospedale “Loreto Mare” di Napoli dove Iacone, dopo oltre due ore di intervento chirurgico, moriva per la gravità delle ferite riportate mentre l’altra persona veniva curata per ferita d’arma da fuoco al fianco destro con prognosi di giorni 10. Le indagini dirette dalla Dda ed eseguite dal Commissariato di Portici, permettevano nel corso degli anni di raccogliere pregnanti indizi probatori a carico degli arrestati, ritenuti validi dal Gip del Tribunale di Napoli – Sezione 13^ e che hanno portato alla misura coercitiva della custodia in carcere su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Gli arrestati venivano raggiunti dalla misura nei luoghi di detenzione, dove già si trovano per altri reati anche di natura associativa, mentre Mariano Donadona veniva rintracciato nella provincia di Pesaro Urbino dove si era trasferito da circa un decennio.

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