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19 Febbraio 2019 - 09:54
Falò della camorra a Castellammare. Divieto di dimora per i tre maggiorenni. Proseguono le indagini sui due ragazzini
CASTELLAMMARE. Svolta nelle indagini sullo striscione contro i pentiti di camorra esposto a Castellammare di Stabia durante la festa dell'Immacolata, tradizionalmente la più sentita nella cittadina stabiese. Polizia di Stato e Carabinieri, in un'operazione congiunta, hanno eseguito un'ordinanza di applicazione della misura cautelare del divieto di dimora all'interno della regione Campania, emessa dal gip di Napoli su richiesta della Dda partenopea, nei confronti di tre persone ritenute responsabili dei reati di istigazione a delinquere con l'aggravante delle finalità mafiose. Si tratta di Francesco Imparato, Antonio Artuso e Daniele Amendola. Insieme ai tre destinatari della misura sono stati identificati due minorenni.
Le indagini sono state avviate dopo quanto avvenuto la notte dell'8 dicembre 2018 quando, in occasione dei festeggiamenti per l'Immacolata, all'interno del rione Savorito di Castellammare di Stabia, i 5 soggetti avevano issato su di una pira di legno, ritualmente allestita per i cosiddetti 'fuocaracchi', uno striscione recante la scritta: "Così devono morire i pentiti, abbruciati" e un manichino di pezza con un cappello in uso alle forze dell'ordine. Il tutto è stato poi dato alle fiamme alla presenza di una moltitudine di persone. Le indagini, immediatamente avviate in sinergia tra l'Arma dei Carabinieri e la Polizia di Stato sotto il coordinamento della Dda di Napoli, hanno consentito di identificare gli autori nei tre maggiorenni sottoposti a misura cautelare, e in due minorenni, per i quali sono tuttora in corso indagini coordinate dalla Procura dei Minorenni di Napoli. L'episodio è avvenuto nel quartiere della periferia stabiese noto come "Aranciata Faito", zona abitata dalla famiglia Imparato, meglio noti come i "Paglialoni", fiancheggiatori del clan D'Alessandro. Il monito lanciato attraverso l'affissione dello striscione ha rappresentato un eloquente messaggio intimidatorio nei confronti dei collaboratori di giustizia, oltre a esprimere sostegno e solidarietà verso il clan D'Alessandro, colpito pochi giorni prima da una misura cautelare eseguita dalla Polizia di Stato, per reati ricostruiti anche grazie ad alcuni collaboratori di giustizia.
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