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Boss Di Bartolomeo, annullati i 20 anni di condanna per l'omicidio di Polese

Boss Di Bartolomeo, annullati i 20 anni di condanna per l'omicidio di Polese

NAPOLI. Verdetto choc in Cassazione, il boss Giorgio Di Bartolomeo potrebbe non essere l’autore dell’omicidio di Carlo Polese, il ras rivale assassinato il 19 agosto del 2003 nel pieno dell’infinita faida di Ercolano. Il reggente del clan Ascione-Palale ieri pomeriggio ha infatti ottenuto un inatteso verdetto innanzi ai giudici della Prima sezione della Suprema Corte, i quali hanno disposto l’annullamento della condanna di secondo grado a vent’anni di reclusione e ritrasmesso gli atti alla Corte d’assise d’appello di Napoli, chiamata adesso a celebrare un nuovo processo. Insomma, punto e a capo. Ma gli inediti risvolti giudiziari non sono finiti qui. Per Di Bartolomeo, che ad oggi non risulta detenuto per altri procedimenti, c’è infatti il rischio di un ritorno a piede libero per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Si è dunque rivelata vincente la strategia portata avanti in aula dal difensore Dario Vannetiello, l’avvocato che ha curato la redazione del ricorso e discusso le ragioni del proprio assistito innanzi ai giudici della Prima sezione penale della Corte di Cassazione (presidente Sandrini). La linea difensiva, alla costruzione della quale ha contribuito anche il penalista Luigi Palmomba, ha finito per convincere i giudici capitolini, nonostante il procuratore generale avesse chiesto il rigetto del ricorso. Eppure il quadro accusatorio sembrava a dir poco soldio, dal momento che negli anni scorsi ben tredici collaboratori di giustizia avevano contribuito allo sviluppo delle indagini fornendo a più riprese specifiche accuse nei confronti di Di Bartolomeo. Ribaltare il precedente verdetto non era dunque facile. Non a caso il ras del clan Ascione-Papale era reduce da una condanna a vent’anni di reclusione in primo grado: sentenza poi confermata anche in appello il 23 febbraio scorso. Di Bartolomeo era comunque già riuscito a schivare l’ergastolo grazie all’esclusione dell’aggravante della premeditazione. La difesa del reggente della cosca adesso è però riuscita a ottenere addirittura l’annullamento della condanna con rinvio. L’avvocato Vannetiello ha infatti convinto i giudici della Suprema Corte facendo leva su alcuni elementi indiziari che, stando alla linea difensiva, getterebbero delle ombre sulle accuse mosse contro Di Bartolomeo. Sotto la lente di ingrandimento sono finiti in particolare le discrepanze emerse dai racconti resi dai tredici pentiti “eccellenti”, l’alibi fornito dall’imputato e l’invocazione della legittima difesa. Carlo Polese venne infatti ammazzato mentre insieme a un commando di killer del cartello Birra-Iacomino provava a introdusi nel condominio nel quale viveva Di Bartolomeo, nella cosiddetta zona della “Moquette”, la storica roccaforte degli Ascione-Papale. Qualcuno, resosi conto dell’irruzione che da lì a pochi secondi sarebbestata messa a segno, ha però estratto una pistola e, poggiata la mano armata sul davanzale di una finestra, ha fatto fuoco nel mucchio finendo per uccidere proprio Polese. Il killer, indicato da più fonti proprio in Di Bartolomeo, non è mai stato visto in faccia da nessuno. Lo stesso imputato, del resto, ha sempre sostenuto che la sera del delitto non si trovava in casa ma in auto con un amico oggi deceduto. Un vero giallo, i cui contorni ancora oggi restano più incerti che mai. E adesso il ras ercolanese rischia di andare incontro anche a una clamorosa scarcerazione.

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