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10 Maggio 2019 - 16:29
“Vanity: storie di gioielli dalle Cicladi a Pompei". Tesori in mostra da oggi fino al 5 agosto in un raffinato allestimento
dall'inviato Rosa Benigno
POMPEI. L’ostentazione, l’immodestia, la vanagloria, il potere che dà il possesso dell’oro e delle pietre preziose è “Vanity”, la mostra che regala ai visitatori degli Scavi di Pompei il gusto che morde le viscere quando si riesce quasi a toccare i gioielli da favola, appartenuti alle donne della storia antica: dalle abitanti del villaggio primitivo di Longola (4mila anni fa), alle ragazze delle Cicladi, isole greche come Santorini, alle matrone sepolte dall’eruzione del Vesuvio a Pompei ed Ercolano. «Sono città che hanno subito la medesima sorte catastrofica, accomunate da eruzioni vulcaniche che ci hanno consegnato elementi preziosi per ricostruire usi, costumi, gusti, cultura, rapporti sociali di epoche così antiche» ha spiegato il professor Massimo Osanna che, durante il suo mandato di Dg della Soprintendenza di Pompei, ha curato la mostra insieme con Demetrios Athanasoulis, Eforo delle Cicladi. L’esposizione è stata presentata ieri dal direttore ad interim della Soprintendenza del parco archeologico di Pompei, Alfonsina Russo, insieme con gli studiosi che hanno collaborato alla installazione delicatissima dei circa 300 pezzi di inestimabile valore.
«Un milione di euro è il costo della mostra il cui titolo è “Vanity: storie di gioielli dalle Cicladi a Pompei"» ha rivelato Alfonsina Russo. Una Tiffany archeologica nella Palestra Grande degli Scavi, visitabile fino al prossimo 5 agosto. Il porticato ovest dell’esposizione è stato dotato di pareti di vetro blindato per proteggere l’area.
Considerato l’inestimabile valore dei gioielli esposti, alcuni di pesante oro massiccio, e alla irripetibilità dei monili, il sistema di sicurezza è imponente: telecamere nell’area esterna al porticato e alla Palestra Grande, telecamere in ciascuna “casetta” che ospita le preziose teche in vetro e sistemi di allarme automatico installati negli espositori, con un controllo costante di chi si accosta ai gioielli.
Annamaria Mauro, architetto del Parco Archeologico di Pompei ha coordinato l’allestimento ideato e realizzato dall’architetto Stelio Kois, che cura il Padiglione della Biennale di Venezia 2019. La suggestione è assicurata: il visitatore si ritrova immerso e rincorso da immagini di donne bellissime, tratte dagli affreschi pompeiani, rappresentae con i gioielli che sono in mostra. Le immagini fluttuano dalle pareti ai pavimenti come ombre, visibili sono se osservate a distanza ma che scompaiono se ci si avvicina molto, per un effetto ottico creato dai pixel con cui sono disegnate. I monili sono impreziositi da luci e pareti a specchio che ne raddoppiano e triplicano l’immagine esaltandone la brillantezza. «Ma la vanità non è storia solo di donne - ha precisato il professor Osanna - è anche di gusto e società. Questi oggetti sono stati trovati addosso a persone vere, non sono emerse dalle tombe». C’è nel percorso allestito dall’architetto greco l’incontro con figure maschili che scorrono in un monitor inserito nel pavimento: volti bellissimi adornati di foglie e di gioielli. Cosa c’entrano nel contesto? La domanda del visitatore è destinata a restare senza risposta. Kois è un artista e va rispettato. Gli ori delle Cicladi, dopo Pompei, andranno in Cina. Quelli campani potrebbero trovare una nuova location nel Colosseo e nelle Scuderie del Quirinale.
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