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18 Maggio 2019 - 12:52
NAPOLI. I panni del collaboratore di giustizia li indossa dallo scorso marzo, ma il debutto ufficiale in un’aula di Tribunale nelle nuove vesti ci sarà a metà giugno. Genny “la carogna”, al secolo Gennaro De Tommaso, comparirà dinanzi ai giudici della Corte d’Appello di Napoli per affrontare il processo di secondo grado relativamente all’accusa di traffico di droga per la quale, lo scorso 8 novembre, è stato condannato a 18 anni di reclusione. È possibile che in occasione del nuovo processo il sostituto procuratore generale chieda la rinnovazione processo per ascoltare il neo collaboratore di giustizia, alla luce del fatto che il pentimento è intervenuto all’indomani della sentenza emessa dal giudice per le indagini preliminari Marcopido del Tribunale di Napoli all’esito del giudizio abbreviato. Per la prima volta, dunque, Genny “la carogna” - l’ormai ex capo ultrà dei Mastiffs il cui nome e volto sono divenuti noti a tutta Italia in occasione dei drammatici scontri del 3 maggio del 2014 a Roma che portarono all’omicidio del tifoso azzurro Ciro Esposito - potrebbe raccontare pubblicamente le verità che in questi mesi ha consegnato alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Verità, anzitutto, che riguardano il traffico di droga per la quale la sua famiglia è finita sotto accusa. Per le verità, invece, che riguardano il mondo delle Curve e del calcio sul quale da sempre la procura è attenta occorrerà attendere.
GLI IMPUTATI. Sul banco degli imputati, oltre a Gennaro De Tommaso, siederanno ancora una volta Gaetano De Tommaso, zio di Genny la carogna, che fu condannato a 16 anni; Giovanni Orabona, condannato a 20 anni; Mariano Esposito, che fu condannato in primo grado a 12 anni di reclusione; Francesco Licciardi e Lucio Migliaccio, che rimediarono 11 anni e 4 mesi a testa; Marco Contardo, Vincenzo Gravi e Guido Sorge, ciascuno dei quali fu condannato a 8 anni e 8 mesi; Alessandro Caldieri, che rimediò 8 anni; Gennaro Cocozza, Salvatore Scialò e Pasquale D’Amore, a ciascuno dei quali il gip Marcopido inflisse 7 anni e 4 mesi; Francesco Guarino, condannato a 6 anni; Mario Cossentino, condannato a 4 anni; Giuseppe Conte, condannato a 3 anni ma in continuazione con un’altra sentenza di condanna a due anni.
LE ACCUSE. Secondo l’impostazione accusatoria, l’organizzazione – che aveva ai suoi vertici Gennaro De Tommaso e lo zio Gaetano – gestiva l’importazione e il trasporto in Italia su autoarticolati di ingenti quantitativi di marijuana e “amnesia” e teneva i rapporti con i capi e gestori di numerose piazze di spaccio sul territorio napoletano e nazionale. Un ruolo di acquirenti di ingenti quantitativi di droga è attribuito a Vincenzo Gravina e Alessandro Caldiero, che tramite gli emissari Giovanni Orabona e Mariano Esposito, avrebbero rifornito una delle più importanti piazze di spaccio di Napoli, al Rione Traiano.
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