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Droga e camorra, oltre 86 anni per nove del clan Lo Russo

Droga e camorra, oltre 86 anni per nove del clan Lo Russo

NAPOLI. Le accuse che la Direzione distrettuale antimafia di Napoli aveva contestato nel 2010 ad alcuni esponenti del clan Lo Russo sono rimaste in piedi. Ad eccezione di quelle mosse a Gennaro Ruggiero. 

LA SENTENZA. Lunedì sera i giudici della terza sezione della Corte d’Appello di Napoli hanno scritto la parola fine al processo di secondo grado che si è trascinato stancamente. I giudici, accogliendo le conclusioni del sostituto procuratore generale, hanno confermato in toto nove condanne che furono disposte nel lontano ottobre del 2014 dai giudici della nona sezione penale del Tribunale di Napoli (presidente Vescia). In totale 86 anni e 4 mesi. Tradotto in numeri: 20 anni, il massimo della pena possibile per i reati contestati, sono stati sentenziati per Raffaele Graziano e per Gaetano Tipaldi: Graziano in particolare erano inserito nel business della droga; Tipaldi si occupava della gestione dei soldi provento di estorsioni. Quattordici anni sono stati disposti per Antonio Cardillo, soprannominato negli ambienti criminali come ‘Padre Pio’ (l’uomo sfuggì al blitz e fu arrestato due anni dopo a Marano dai carabinieri); 8 anni per Daniela Serino, moglie di Raffaele Graziano ed ex cognata del boss pentito Carlo Lo Russo; 6 anni e 8 mesi per Angelo Di Stadio e per Robuamo Vanesio; 4 anni per Eduardo Aurino e per Luca Zazzero; 3 anni per Luigi D’Alessio. L’assoluzione è stata invece sentenziata per Gennaro Ruggiero, che in primo grado era stato condannato a 6 anni di reclusione: la Corte d’Appello ha accolto le argomentazioni difensive sostenute dall’avvocato Giuseppe Ricciulli. Secondo l’iniziale impostazione accusatoria, Ruggiero sarebbe stato il “galoppino” del boss pentito Salvatore Lo Russo nel settore delle scommesse clandestine sulle partite di calcio. Tuttavia, come ha rilevato la difesa, lo stesso pentito Lo Russo ha poi chiarito - una volta passato a collaborare con la giustizia - che le scommesse da lui fatte erano personali e non portate avanti nell’interesse della cosca. Questa circostanza ha dunque fatto cadere l’inserimento di Ruggiero in un contesto associativo, dal momento che sul suo conto non sono emerse altre dichiarazioni che potessero ritagliargli altri ruoli.

L'INCHIESTA. I fatti al centro dell’inchiesta risalgono a oltre dieci anni fa e poggiano su un fitto brogliaccio di intercettazioni telefoniche e ambientali. Raffaele Graziano e la moglie Daniela Serino, ad esempio, sono stati rovinati anche da una “cimice” piazzata nella macchina utilizzata dalla coppia. Le motivazioni alla base della sentenza saranno depositate entro novanta giorni, passaggio necessario per consentire alla difesa di impugnare la sentenza e presentare ricorso per Cassazione.

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