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03 Maggio 2022 - 07:55
NAPOLI. L’iter giudiziario al quale dovrà andare incontro, tra l’altro con accuse pesantissime, è appena iniziato, ma Raffaele Sacco (nella foto), 53enne imprenditore molto attivo nel settore degli appalti ospedalieri e della ristorazione, può tirare un primo sospiro di sollievo. Dopo il favorevole verdetto ottenuto pochi giorni fa dalla Cassazione, il manager ha adesso rimediato anche la sostituzione della misura cautelare. Detenuto da ormai quasi un anno, “Lello” Sacco, difeso dall’avvocato Andrea Imperato, ha infatti ottenuto gli arresti domiciliari, dove attendere adesso l’inizio del processo. A metà aprile un importante colpo di scena aveva preso forma innanzi alla Cassazione e l’inchiesta che pochi mesi fa ha disarticolato il clan Cimmino del Vomero-Arenella ha subito una brusca battuta d’arresto. Gli Ermellini della seconda sezione hanno annullato l’ordinanza con cui il Riesame aveva in precedenza confermato la custodia cautelare in carcere per l’imprenditore Raffaele Sacco, classe 1968, e per il ras della Torretta, Giovanni Cirella. La Suprema Corte, accogliendo il ricorso avanzato dai legali dei due indagati, Andrea Imperato per Sacco e Giuseppe De Gregorio per Cirella, ha infatti “cancellato” il precedente verdetto del Riesame e disposto una nuova valutazione del tribunale delle Libertà, chiamato adesso a un secondo pronunciamento.
Pesanti le accuse di cui Sacco e Cirella dovevano a vario titolo rispondere. Il primo, noto imprenditore napoletano nel settore della movida e della ristorazione, era finito in manette con l’accusa di concorso esterno; il secondo è stato invece accusato di due estorsioni aggravate dal metodo e dalla finalità mafiosa. Nel caso di quest’ultimo la difesa, rappresentata dall’avvocato De Gregorio, ha però sostenuto e dimostrato che le esigenze di custodia cautelare, essendo ormai trascorsi diversi anni dal presunto reato, avrebbero avuto necessità di una diversa valutazione rispetto a quanto in precedenza stabilito dal gip e poi dal tribunale del Riesame.
Resta però adesso da capire quale sarà da qui ai prossimi mesi la portata delle dirompenti accuse lanciate dall’ormai ex boss Luigi Cimmino, da pochissimi giorni passato tra le fila dei collaboratori di giustizia. Il neo pentito, tra le numerose dichiarazioni già rese agli inquirenti dell’Antimafia, ha parlato proprio dei rapporti tra lui e la famiglia Sacco: «Con loro si è creata un’amicizia, nel senso che i Sacco si sono sempre messi a diposizione per ogni necessità, tant’è che Peppe Sacco metteva a disposizione mia e dei miei affiliati un locale che aveva preso il bar che gestiva al Cto. Non so dire però se lo facesse per amicizia o per paura». Spiegando il sistema estorsivo nell’ambito degli appalti ospedalieri, Luigi Cimmino ha poi spiegato in un altro passaggio che «i rapporti con i Sacco erano buoni, si era creata una buona amicizia perché Peppe Sacco mi fece un piacere quando mia moglie ebbe un tumore. Si era creato un rapporto di amicizia poi anche con i nipoti, i due Raffaele Sacco, e con i fratelli di Peppe Sacco. Nel 2014 i nipoti presero un appalto per la gestione della mensa al Pascale e poi subentrò anche un socio che portava i pasti dal Pascale alla Mediterranea, e volevano sapere come si dovevano comportare. Ci accordammo per tre posti di lavoro e 10.000 euro tre volte l’anno»
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