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Luis Sepulveda metteva la vita dentro le favole

Luis Sepulveda metteva la vita dentro le favole

Luis Sepulveda, il grande scrittore cileno è morto eri all’età di 70 anni. Il Coronavirus ci ha resi orfani di uno dei più grandi autori contemporanei. Sepulveda conquistò la scena internazionale con il suo romanzo “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore” e rapì il cuore dei lettori con la favola “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, una storia mozzafiato che affronta i grandi temi della solidarietà, del rispetto per la vita, dell’accoglienza verso la diversità, della salvaguardia della natura. Sepúlveda era atteso a marzo a Napoli al salone del libro curato da Diego Guida, per parlare del “valore della lettura”, cancellato per la pandemia. È stato questo nemico invisibile a portarsi via l’autore della indimenticabile 'Storia di una gabbianella” diventato anche un film d'animazione del napoletano Enzo D’Alò. Innamorato dell’Italia tanto da affermare nel suo blog: “Amo l'Italia perché non finisce mai di sorprendermi” e continua “non sarei quello che sono se non avessi scoperto prima i film del neorealismo poi Scola, Rossellini, Fellini, Pontecorvo, Antonioni; sarei un orfano se non avessi letto Salgari, Pavese, Calvino, e un analfabeta del pensiero se non avessi letto Gramsci". Era un amore ricambiato, quello di Sepulveda con i suoi lettori italiani, con ben 8 milioni di libri. Sepulveda era nato “nel Paese dei poeti”, quel Cile che diede i natali a Neruda, Allende, Bolaño, Serrano, Parra e a tanti artisti della sua “generazione decimata” dal colpo di stato militare di Pinochet del ’73 dove molti incontrarono la morte, altri la detenzione ed altri l’esilio. Il combattente Luis, due volte arrestato e condannato all'esilio, ha lottato contro il virus fino all'ultimo all'Ospedale di Oviedo in Spagna dove dal 1996 viveva con la moglie Carmen Yáñez, poetessa cilena. Cresciuto in Cile, con il nonno paterno e con uno zio, era un accanito lettore di romanzi di avventura di Conrad, Cervantes, Melville, Salgari. Scrisse ai tempi della scuola numerosi racconti per il giornalino. Viste le sue qualità, non ancora maggiorenne, il quotidiano Clarín lo assunse come redattore. Nel 1969 vinse una borsa di studio per l'Università Lomonosov di Mosca ma subito venne espulso per atteggiamenti contrari alla morale e dovette rientrare in Cile. Nel 1977 la Svezia gli concesse l’asilo politico, ma lo scrittore scelse di scappare in Brasile, poi in Uruguay e alla fine della dittatura si trasferì in Europa. Tra i suoi romanzi più letti e amati, “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore” dedicato a Chico Mendes, ucciso per difendere le foreste amazzoniche. Il libro è ambientato nella giungla ecuadoriana con il protagonista che trova conforto nella letteratura romantica. È una delle sue opere più liriche ed evocative in cui racconta i sette mesi trascorsi nella foresta con gli indios Shuar: “Conosceva la foresta bene quanto uno shuar. Nuotava bene come uno shuar. In definitiva era come uno di loro, ma non era uno di loro. Così ogni tanto doveva andarsene, perché – gli spiegavano – era un bene che non fosse uno di loro. Desideravano vederlo, averlo accanto, ma volevano anche sentire la sua mancanza, la tristezza di non potergli parlare, e il salto di gioia che il cuore faceva loro in petto quando lo vedevano ricomparire”. Sepulveda ci ha lasciato circa 35 opere tra romanzi, favole e racconti. Ogni genere trasmette un messaggio preciso: le favole, che hanno come sempre protagonisti gli animali permette di “vedere da lontano il comportamento umano per comprende’lo meglio”; i noir denunciano l'arroganza dei potenti e la solitudine degli sconfitti; i racconti mettono a nudo le sue idee e le sue passioni. La forza di Sepulveda è nella straordinaria sensibilità, nella leggerezza della sua pungente scrittura e nel lasciare segni indelebili nella memoria e nell’animo dei lettori.

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