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20 Aprile 2020 - 19:54
Da Berlusconi a Di Maio, da Salvini e Vespa a Giletti
di Giuseppe Taibi (ITALPRESS)
ROMA. Lucido, lucidissimo. La precisione dei suo racconti, l'accuratezza nel consegnare date e nomi, un certo scrupolo nel ricostruire episodi di vita passata sembrano quasi tradire la schiettezza dell'anagrafe. Sono 89 anni gli anni che Emilio Fede compirà a giugno. Anni trascorsi in giro per il mondo da inviato, dietro ad una scrivania da direttore di tg, o ancora sprofondato nelle pagine di giudiziaria.
Da qualche giorno è un uomo libero. E da uomo libero, dopo avere scontato la sua pena ai domiciliari, non si esime dal ripercorrere alcuni passaggi della sua esistenza ora che ha dato alle stampe un libro: un memoriale, un album di episodi, un corollario di personaggi che ha incontrato durante una carriera lunga più di 60 anni.
Si chiama "Che figura di merda" il memoir autobiografico di Emilio Fede edito da Giraldi editore. Quel fuorionda, diventato un tormentone televisivo grazie a "Striscia la notizia", ora compare come titolo della sua pubblicazione.
«E' una frase - dice all'ITALPRESS- che secondo me riassume tutto quello che sta avvenendo in questo momento in Italia; la cosa più grave è che ci troviamo nel mezzo di una crisi economica che non ha precedenti. L'Italia sembra indietro, siamo in una situazione rispetto alla quale non riusciamo a trovare una risposta.
Anche se poi tale frase è legata ad un episodio che non trae origine da spunti di comicità. Quel giorno mi trovavo in redazione, ed ecco che arriva la notizia: hanno catturato Saddam Hussein. Salto fuori dall'ufficio, vado in studio per un'edizione straordinaria e annuncio con la dovuta enfasi un fatto di cronaca altrettanto straordinario. Cosa viene mandato in onda come immagine? La foto di Berlusconi. Ma che figura di merda...». Ecco Berlusconi, l'uomo al quale ha legato la parte finale della vita (e non solo quella professionale).
«Tutti mi chiedono dei rapporti con Berlusconi. Pure nel libro, dove immagino di assistere al mio funerale sul Lungomare Caracciolo a Napoli, riporto le domande che mi fanno tutti: ti cerca ancora?, lo hai visto? Si, ci siamo sentiti, ci siamo confermati che ci vogliamo bene alla faccia degli invidiosi, di chi diceva che Berlusconi non voleva vedermi; tutti si aspettano la fine dei nostri rapporti, ma non è così».
Ma come nasce quel legame con l'allora cavaliere?
«Da premettere, non sono andato da Berlusconi con il cappello in mano, venivo dal Tg1 che ho anche diretto in momenti delicati. Berlusconi mi era simpatico. Chi fece da tramite all'incontro ad Arcore fu Umberto Cairo, che di Berlusconi era segretario e confidente e teneva i rapporti con la Rai. All'inizio ero incerto se lasciare l'azienda dopo tanti anni di vita trascorsa a Roma».
Anni per nulla avari di esperienze, pagine e pagine riempite da fatti di cronaca che si sono aggrovigliati attorno alla storia dell'Italia e non solo.
«La mia vita professionale mi ha fatto tanti regali, ho scalato il Monte Bianco con Bonatti, sono saltato su una mina in Angola, le Brigate rosse avevano progettato un agguato contro di me. Lasciavo una Rai madre e non una matrigna. A Mediaset sono stato accolto da un Berlusconi bello, simpatico, come un amico. Ne e' nata una grande amicizia, legati da un affetto vero. Quando l'ho sentito l'ho lasciato con l'ipotesi di andarlo a trovare».
Un legame che gli è però costato caro: anni di guai giudiziari.
«Ora ho pagato il conto con la giustizia, un sistema giudiziario che ha però manifestato nei mie confronti il rispetto della dignità». Ma chi sono coloro che caduto in disgrazia lo hanno abbandonato e chi invece gli è rimasto accanto?» Il 90% degli amici sono rimasti.
Mi ha fatto piacere sentire da Bruno Vespa in tv una dichiarazione di grande affetto e stima nei miei confronti. La mia vecchia redazione a Mediaset mi è stata sempre vicina. Poi Cairo, Fedele Confalonieri che ho visto qualche tempo fa e con il quale ho scambiato degli abbracci. E un pensiero per l'affetto dimostrato dalla banda di Striscia la Notizia".
Fede non nega quella latente malinconia per gli "anni della trincea", come preferisce definire il tempo trascorso da giornalista, ancor di piu' oggi che una terribile pandemia sembra inghiottire il pianeta e richiama il mondo dell'informazione alla narrazione.
«Mi manca il tg, saprei farlo anche oggi. Avrei raccontato la crisi senza terrorizzare l'opinione pubblica. Avrei raccontato di Papa Francesco che io adoro. Resterà indelebile quella sua immagina di lui claudicante sotto la pioggia, è l'immagine della solitudine dell'uomo vestito di bianco».
Il rapporto con la religione sembra ancora piu' saldo, quasi come se il suo cognome svelasse la natura della sua spiritualità: nomen omen. Un Dio che lo ha protetto, come quando in Sudafrica il ritardo di qualche minuto lo ha risparmiato da una morte certa.
«Mi trovavo a Johannesburg, con dei colleghi arriviamo in ritardo in aeroporto, per un minuto e mezzo non riusciamo a salire. Poco dopo vediamo una palla di fuoco, sentiamo urla e sirene, mi affaccio e vedo un ragazzino che avanza avvolto dalle fiamme. L'ho soccorso e mi e' morto tra le braccia». Da reporter di lungo corso oggi da' giudizi positivi su un gruppetto di colleghi.
«Apprezzo Vespa, credo che Formigli sia molto bravo, poi mi piace Giletti. I giornalisti bravi sono quelli che scendono sul campo, che rischiano il culo, giornalisti in trincea, non gli inviati da dentro un albergo».
A proposito di Salvini, qual è il fede-pensiero sul leader leghista?
«Salvini è un grande amico, quando la Lega era in crisi un giorno ho preso la macchina e sono andato in via Bellerio. Erano rimasti in quattro nella sede, stavano pensando di chiuderla, uno di questi era Salvini. Gli ho detto: vengo a darti una mano, sono pronto a lavorare gratis a Radio Padania». Sui rapporti con la politica emerge il Fede che non ti aspetti, una confidenza essa stessa inaspettata.
«Ho conosciuto Luigi Di Maio, siamo in buonissimi rapporti. Ci siamo visti in un ristorante a Napoli, l'ho salutato, dopo qualche minuto è venuto lui da me per ricambiare. L'ho ringraziato per la sua umiltà».
Ma quali sono le medaglie del Fede giornalista.
Nella nuova "trincea" del Biscione sarà per sempre ricordato per essere stato il primo a dare la notizia del bombardamento di Baghdad. Correva l'anno 1991.
«Ero rimasto in redazione, ero sicuro che non sarebbe stato rispettato l'ultimatum. Vado in edizione straordinaria, al telefono ho in collegamento dagli Stati Uniti Silvia Kramer che comincia a urlare hanno attaccato, hanno attaccato».
Mentre degli anni passati alla Rai Emilio Fede non dimenticherà la lunga diretta che incollo' davanti agli schermi milioni di persone, di un'Italia che per la prima volta partecipava con trepidazione alle sorti di Alfredino Rampi, caduto in un pozzo a Vermicino.
«Ero stato appena nominato direttore del Tg1, in redazione arriva la notizia di un bambino, vicino Frascati, caduto in un pozzo. Andiamo in diretta, davanti alla tv milioni di spettatori la seguono, l'allora direttore generale della Rai Willy De Luca mi dice di interrompere, dico di no, intanto dal Quirinale mi informano che sta arrivando Pertini.
Ricordo che si credeva l'avessero agganciato, poi le grida dei soccorritori, l'abbiamo perso, l'abbiamo perso, accompagnato da un urlo, quello del bambino: muoio».
Fede sconta la nomea del grande giocatore, dell'habitue' dei casino. «C'è stato un periodo in cui ho giocato, un momento transitorio, poi ho smesso perchè mia moglie odia il gioco. Comunque le notizie dei giornali in cui si raccontava di me che sbancavo il casino di Montecarlo non erano vere". Il capitolo della moglie, l'ex senatrice Diana De Feo, è forse quello al quale Fede è più legato.
«Sa mia moglie era corteggiata persino da Costantino di Grecia, ma ha scelto me. Sono su Instagram, è un mondo straordinario, anche se ci sono troppi farabutti che insultano. C’è troppo luridume».
Ma cosa c’è nel futuro di Emilio Fede? «Voglio tornare a vivere, voglio trascorrere il tempo con la mia famiglia, e se devo rendere conto alla giustizia con i servizi sociali mi piacerebbe fare il giornalista volontario in una piccola cooperativa di giornalisti di Napoli, quelli del Roma, dare una mano al mio amico Antonio Sasso, un eroe del giornalismo».
E il ritorno in tv? «Credo che la mia storia meriti rispetto, ma mai tornare sul luogo del delitto».
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