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19 Maggio 2020 - 14:27
Quando una musica serve a rafforzare l’identità di un popolo
Quando un popolo si raccoglie intorno ad una bandiera, quando vuole esprimere la propria unità, la propria specificità e la propria individualità, quando vuole rafforzare la propria identità nazionale e quando vuole esprimere il proprio senso della Patria, è assai probabile che lo faccia anche attraverso la musica e, almeno da un paio di secoli, attraverso gli inni musicali. Ogni Paese possiede un inno, al pari della bandiera, con un testo poetico strettamente legato ad importanti avvenimenti storici del Paese stesso. Carattere e andamento solenne distinguono gli inni monarchici; ritmo di marcia e un generale andamento ritmico vivace caratterizzano gli inni repubblicani. Oggi gli inni nazionali sono 193. Trattandosi di composizioni destinate a pubblici eventi, cui presenziare in piedi, la loro durata varia generalmente tra il minuto e il minuto e mezzo. La prima composizione risale al IX secolo, quando il Giappone adottò uno Inno in omaggio al suo imperatore. Ma tracce musicali non se ne hanno poiché è andato perduto. Con un salto di secoli, il Paese in cui è nato l’inno moderno è la Gran Bretagna, nel 1745. Caratterizzato da una scrittura musicale di natura maestosamente religiosa, divenne subito l’Inno sia britannico che tedesco e tale rimase fino al 1922. Successivo al primo inno anglo-tedesco fu quello spagnolo: un inno-marcia, donato al re di Spagna dal re di Prussia. Il nome del compositore, certamente straniero, è rimasto ignoto fino a quando, nel 2012, il governo spagnolo ha ufficialmente dichiarato che Federico II, nella veste di compositore, ne sia stato l’autore, avendone poi lo stesso fatto dono al re di Spagna. Momento capitale nella storia degli Inni è stato quello della Rivoluzione francese. L’Inno francese, certamente il più celebre al mondo, “La marsigliese”, è una solenne marcia adottata come inno ufficiale nel 1795 e diffuso, grazie a Napoleone, in tutta Europa. La sua celebrità è stata tale che risulta essere citato (unico caso tra tutti), o “vagamente rievocato”, in ben 16 composizioni, da Schumann a Wagner, da Liszt a Čajkovskij. Circa 10 anni prima de “La Marsigliese”, nel 1787, il Re Ferdinando IV commissionava a Giovanni Paisiello la realizzazione dell’inno nazionale, divenendo così il regno napoletano il primo Stato italiano a disporre dell’inno nazionale ed entrando nel ristretto numero delle nazioni il cui inno era opera di un compositore prestigioso. Insieme con l’Inno che ufficialmente Haydn compose nel 1797 come Inno imperiale austriaco (poi passato alla Germania), utilizzando non già una melodia austriaca ma un tema popolare croato, e insieme con l’Inno di Charles Gounod, che con la Marcia pontificia, dal 1 gennaio del 1950 sarà il compositore dell’inno ufficiale del Vaticano, quello di Paisiello è uno dei pochissimi esempi di Inni composti da musicisti di grande valore. L’Inno di Paisiello, nella tonalità di fa maggiore, è una lenta marcia, solenne e maestosa.
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