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13 Agosto 2020 - 09:50
Lo Stato non insegnava, garantiva la libertà di insegnare e di studiare. Inimmaginabile in tempi di “sistema scolastico”, “sistema sanitario” e previdenziale, in mano ad uno Stato-padrone. Chi aveva qualcosa da insegnare: parrocchie, associazioni del lavoro, ordini religiosi, precettori privati, apriva una scuola. Per la prima alfabetizzazione c’erano le scuole comunali e parrocchiali. Lo Stato a sostegno della società. È il principio di sussidiarietà, punto fermo della dottrina sociale cattolica. I Borbone lo applicavano. Era una scuola pubblica, cioè aperta a tutti, gratuita anche nei prestigiosi licei dei Padri Scolopi, tradizione datata 1597. Per gli indigenti c’ erano le “piazze” (borse di studio) del Re, ottenibili con una lettera firmata da parroco e sindaco. Lo storico della Scuola Giuseppe Fioravanti, cattedra a La Sapienza, all’Universidad San Sebastián, al Suor Orsola, riuscì a recuperare da un anziano religioso il quadro orario di un liceo degli Scolopi. Si studiava oltre al latino e al greco, francese, italiano, archeologia, arte, musica, algebra, trigonometria… Luigi Settembrini, nominato dai piemontesi Ispettore generale degli Studi, a giugno 1861 preparò un rapporto terroristico sullo stato delle scuole, distribuito alla stampa ed ai pubblicisti. Prima - rivelò il prof. Fioravanti - bruciò l’archivio degli Scolopi.
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