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Liberty, lo stile di una Capitale

Liberty, lo stile di una Capitale

Gioielli e porcellane, dipinti e manifesti pubblicitari, e poi il cinema e la Piedigrotta con le sue canzoni: c’era tanta energia creativa nella Napoli del primo Novecento, un’aria di primavera in una città che non si rassegnava ad aver perso il suo ruolo di Capitale. “N’aria ’e primmavera” è il verso di Salvatore Di Giacomo che introduce all’atmosfera di “Napoli Liberty”, la bella mostra, a cura di Luisa Martorelli e Fernando Mazzocca con l’allestimento di Anna Iovieno, che da domani fino al 24 gennaio sarà ospitata a Palazzo Zevallos Stigliano, sede museale di Banca Intesa San Paolo. È la prima volta che una mostra prova a documentare il fervore artistico che animava la città durante la Belle Époque, il periodo a cavallo fra la fine dell’Ottocento e la prima guerra mondiale che vide, ahinoi per l’ultima volta, Napoli primeggiare in moltissimi campi della cultura.

Era qui che, a dire di Giosuè Carducci, con Il Mattino si stampava il miglior giornale del Regno. E qui, dopo la tragedia del colera, si era avviato un intelligente progetto di “risanamento” urbanistico con il quartiere Amedeo, il Vomero, Posillipo. Qui si era aperta la prima sala cinematografica d’Italia, cui ben presto seguirono altre 27. Anche il teatro ferveva con le commedie di Eduardo Scarpetta e di Raffaele Viviani. Senza trascurare il varietà che al Salone Margherita aveva le sue “sciantose” più famose”. E poi c’erano gli artisti, che proprio in quegli anni sperimentavano il piacere della libertà. Lo Stile Liberty prende il nome proprio dal bisogno profondo di rinnovarsi, affrancandosi dai canoni dell’accademia e ispirandosi ai movimenti di avanguardia che già operavano in Francia, Germania e Austria. Fortemente condivisa era la necessità di elaborare «lo stile dell’Italia nuova, piena di promesse ma orgogliosa del suo passato - spiega Mazzocca - È da questa esigenza che si rivaluta Botticelli e la sua “Primavera” diventa l’emblema dell’Italia che vuole rifondarsi».

«La Napoli di quegli anni è una città protesa verso il futuro, una vera “città che sale” - sottolinea la Martorelli - una città che crede nelle proprie possibilità». E non è un caso che come icona della mostra sia stato scelto il dipinto “Seduzioni” (foto a sinistra), opera di Vincenzo Migliaro che rappresenta il volto di una giovane donna rapito davanti alla vetrina di un orafo. La seduzione è quella che gli oggetti esercitano sulla ragazza, ma anche quella che promana dal suo volto concentrato e attrae chi la osserva in un gioco di rimandi reciproci rafforzato anche dalla parete a specchio. «Settantuno opere - continua Luisa Martorelli - che testimonianola straordinaria originalità dello stile Liberty a Napoli nelle sue più varie espressioni. Proprio come Parigi, Berlino e Londra, Napoli è capitale della modernità e si distingue per la sua recezione allo stile nuovo, Liberty o Floreale, spaziando dalle arti maggiori alle arti applicate, con un successo ottenuto nelle occasioni delle Esposizioni Nazionali e Internazionali.

La mostra si apre con una sala dedicata al soggiorno a Napoli di Felice Casorati, artista piuttosto malinconico che nel suo luminosissimo studio partenopeo dipinge numerose tele, quattro delle quali in esposizione, che portano in città le istanze del post-impressionismo. Certamente ne sono influenzati i protagonisti di quel movimento d’avanguardia, denominato Secessione dei 23, nato a partire dal 1909 per iniziativa di Edgardo Curcio, Francesco Galante, Edoardo Pansini, Raffaele Uccella e Eugenio Viti, insieme agli scultori Costantino Barbella, Filippo Cifariello e Saverio Gatto. Molto importante lo spazio dedicato alle opere provenienti dal Museo artistico industriale, alcune delle quali restaurate proprio in occasione della mostra, e mai esposte in pubblico. Come la Fontana degli Aironi (nella foto in basso) di Filippo Palizzi, il lussureggiante vaso blu intrecciato di fiori della fabbrica di ceramica Cacciapuoti, il festoso camino in legno e ceramica dipinta, opera dell’Officina della Ceramica e Stipetteria. Anche la produzione sorrentina dell’intarsio si aggiorna con le opere di Almerico Gargiulo, presente con una consolle e uno specchio. La vetrina con i gioielli d’oro e brillanti e e con splendidi esemplari di oggetti in corallo, madreperla e tartaruga è il vero fiore all’occhiello della mostra.

Perché gli orafi napoletani erano famosi in tutta Europa per i diademi, le spille i pendenti che realizzavano in forme raffinate e originali. Le creazioni di Emanuele Centonze, Gaetano Jacoangeli, Vincenzo Miranda e della Manifattura Ascione (nella foto a destra, un collier) erano garanzia di qualità altissima. Anche la grafica pubblicitaria trova un centro propulsivo a Napoli che, sede di industrie per la produzione di beni di largo consumo, è un mercato in espansione che nella pubblicità trova un alleato insostituibile. Ecco allora che manifesti che pubblicizzano i grandi magazzini Mele o i pomodori Cirio vengono affidati ad artisti importanti come Leonetto Cappiello, Marcello Dudovich, Vincenzo Migliaro, Pietro Scoppetta e tanti altri. Vincenzo Migliaro, ad esempio, firma un bellissimo manifesto per la pubblicità del quotidiano Il Mattino.

A completare il catalogo delle eccellenze della Napoli di un secolo fa, non si può tacere della sartoria. Il disegno originario della mostra prevedeva un prestito di abiti da Palazzo Pitti ma la pandemia ha impedito la realizzazione di questa sezione, tuttavia la grande tela di Gustavo Nacciarone che accoglie i visitatori nell’atrio fornisce almeno un saggio visivo della raffinatezza della moda partenopea. La mostra sul liberty è la terza del ciclo sull’arte a Napoli inaugurato a Palazzo Zevallos con Fergola e proseguito con i Napoletani a Parigi. Riguardo alla produzione artistica più recente, si prevede un approfondimento a cura di Luca Beatrice. Sarà questo l’ultima iniziativa a Palazzo Zevallos, in attesa della grande inaugurazione della nuova sede di Gallerie d’Italia, nel Palazzo del Banco di Napoli, prevista per l’autonno dell’anno prossimo. Il catalogo della mostra, di Edizioni Gallerie d’Italia | Skira, contiene i saggi dei curatori e un testo di Renato de Fusco, celebre autore del libro “Il Floreale a Napoli”, edito nel 1956.

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