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06 Ottobre 2020 - 11:02
L’unico sospettato e che uscì indenne dal processo sui fatti di Piazza Spartaco a Castellammare di Stabia. Ultima puntata sull'eccidio del 20 gennaio del 1921, di cui cadrà il centenario tra qualche mese. Il Roma ha voluto ripercorrere quella vicenda in 4 tappe, con l'ottica di pacificare gli animi che potrebbero riaccendersi con opposte fazioni alla vigilia della campagna elettorale
CASTELLAMMARE DI STABIA. Ci sono storie che non si vorrebbe mai dover raccontare. Storie del passato che però, se dimenticate, potrebbero riprodurre orrendi rancori e persino repliche di conflitti sanguinari. La storia dell’eccidio di Piazza Spartaco avvenne il 20 gennaio del 1921 e tra pochi mesi ne sarà commemorato il centenario. Ci fucono 6 morti e un centinaio di feriti in una sparatoria tra operai, commercianti, professionisti, politici che si fronteggiarono in piazza Municipio, temporaneamente denominata Piazza Spartaco: spararono membri dell’amministrazione cittadina con gruppi socialisti dai balconi di Palazzo Farnese e il popolo dei manifestanti davanti al portone, separati dai carabinieri che intendevano scongiurare un confronto violento. Dentro al Municipio c’erano tante armi. Anche alcuni dimostranti socialisti, giunti da Gragnano in sostegno ai compagni asserragliati nel Municipio, erano armati. Il vicesindaco, Pasquale Cecchi, scese tra la folla, «lasciando il municipio per andare verso i carabinieri e tentare di riportare la calma. Iniziò una trattativa con il vice commissario Grassi e il maresciallo dei carabinieri, Clemente Carlino, quando all’improvviso il sottoufficiale si accasciò, colpito a morte da un colpo di pistola alla fronte» descrive così la scena in un suo articolo Raffaele Scala, sindacalista della Cgil.
LA PERIZIA BALISTICA. Di fronte ai 50 carabinieri e 50 Guardie Regie c’erano dunque centinaia di persone armate che sparavano dal Municipio e infiltrati tra i manifestanti. “I carabinieri - scrive il professor Antonio Barone nel suo libro del 1974 “Piazza Spartaco” - alla vista del loro superiore, selvaggiamente ucciso e in obbedienza ancora all’ordine ricevuto dal loro capitano, cominciarono a far fuoco contro il palazzo municipale dal quale fu risposto con altri colpi di rivoltella. Rimasero cadaveri, oltre Carlino, Francesco Laruscia con ferita alla regione fronto-parietale sinistra, prodotta da schegge di bomba, e più probabilmente, come avvisarono anche i periti balistici, da proiettile di dinamite, che sogliono usare i pescatori; Michele Esposito, per colpo d’arma da fuoco al parietale sinistro, Raffaele Viesti per scheggia di proiettile, probabilmente bomba; Sabato Amato per colpo d’arma da fuoco alla regione anteriore del collo e Vittorio Donnarumma per colpo d’arma da fuoco moschetto alla regione occipitale.... Con la perquisizione eseguita nel palazzo del municipio, furono trovare nascoste in diverse localià 13 rivoltelle e pistole, delle cartucce, 4 pugnali e un punteruolo..; furono esplis moltissimi colpi di arma da fuoco, sia dalla forza pubblica sia dalle persone che si erano introdotte fra i dimostranti. Dalla perizia balistica si apprende in maniera approssimativa evidentemente che con provenienza dal municipio e e dalla via del Gesù, 183 colpi di provenienza dubbia furono esplosi dalla forza pubblica intervenuta...”. Il pocesso si tenne un anno dopo, tra il 7 febbraio e il 6 aprile 1922, giorno del verdetto. Non ci furono colpevoli.
L'UOMO CHE VESTI' DUE CASACCHE. Ma, domanda Raffaele Scala in un suo articolo: “dalle testimonianze a favore degli imputati, emerge quasi subito il vero probabile uccisore del maresciallo: Andrea Esposito detto Raimo, così descritto dal giornalista stabiese, Piero Girace, nel suo volume, Le acque e il maestrale: «Un tipo tra il signore di campagna ed il mercante di cavalli, alto robusto, di carattere rumoroso e guascone, il quale vestiva quasi sempre alla cacciatore, stivaloni gialli, frustino e cappello sulle ventitré». Ardente nazionalista e organizzatore di manifestazioni patriottiche, candidato senza fortuna nelle elezioni del 31 ottobre 1920, Andrea Esposito riuscirà a conquistare l’agognato seggio nelle amministrative tenutesi il 10 aprile 1922 e diventare perfino assessore. Contro “Raimo” aveva provato a testimoniare uno degli stessi imputati, il decaduto assessore socialista all’acquedotto Antonio Esposito affermando di averlo riconosciuto chiaramente sulla loggia del Seminario a causa di un impermeabile chiaro che Andrea Esposito era solito indossare, la stessa loggia dalla quale, secondo i socialisti, era partito il colpo di pistola assassino. Ma contro il giovane socialista – era nato il 17 marzo 1895 – passato poi al Partito comunista, Andrea Esposito, si erano rivolti, invece, i sospetti del giudice istruttore convinto che fosse proprio lui il maggiore responsabile dell’accaduto e autore del fatidico assassino colpo di rivoltella. Questo sospetto accompagnerà Andrea Esposito per molto tempo, tant’è che nella sua scheda biografica di pericoloso rivoluzionario, redatta dalla Sotto prefettura di Castellammare, conservata presso l’Archivio centrale dello Stato, iniziata il 12 marzo 1923 e nella quale è descritto come un perduto sovversivo, di lui si dice che: “dalla voce pubblica fu additato come colui che dal palazzo municipale con una pistola militare avesse ucciso il maresciallo dei RR.CC., Carlino Clemente”. Inoltre, si racconta anche che fosse “Di agiate condizioni economiche, Andrea Esposito aveva, secondo l’estensore delle note di polizia, un carattere violentissimo. Uomo di cultura e di grande intelligenza, studente universitario in ingegneria, fu ferito in guerra riportando una cicatrice all’occipite. Ultimo segretario della sezione comunista nel 1923, espatriò in Francia nel giugno 1926. Nel novembre 1941, a Parigi, dove aveva ormai fissato la sua residenza, chiese l’iscrizione al Partito Nazionale Fascista, concludendo in questo modo la sua parabola politica. Ma, forse, più realisticamente fu un modo come un altro, per sfuggire all'asfissiante controllo della polizia politica. Una strada scelta da molti in attesa di tempi migliori”. E quindi, conclude Raffaele Scala: “Chi fu dunque l’assassino del maresciallo Carlino? Il fascista Andrea Esposito, detto Raimo, l’uomo a cui il 28 ottobre 1922 i gerarchi campani affideranno l’incarico di guidare le camicie nere stabiesi nella storica marcia su Roma, oppure il comunista, perduto sovversivo, Andrea Esposito? La verità non la sapremo probabilmente mai”. (4. fine)
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