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La “profezia” di padre Antonino sui danni della "epidemia che porterà alla morte per indifferenza"...e il suo antidoto

La “profezia” di padre Antonino sui danni della "epidemia che porterà alla morte per indifferenza"...e il suo antidoto

Nel Manifesto dei Neostilnovisti, il guardiano della Comunità di San Francesco parlò di epidemia. La Gioventù Francescana di Benevento aggrega adepti del bello per il “Movimento dei Felici Pochi”

A rileggere il “Manifesto dei Neostilnovisti” o “Movimento dei Felici pochi”, stilato due anni fa dal frate minore conventuale, padre Antonino Damiano Maria Carillo, sacerdote e biblista, viene il sospetto che questo “guardiano della Comunità di San Francesco” beneventana, fosse stato in grado di lanciare all’epoca uno sguardo nel futuro. Nel nostro tempo tormentato e pieno di incognite. «La società attuale - scriveva - vive la più virulenta delle epidemie che mina le fondamenta della stessa. Questa epidemia ha una sola definizione: disintegrazione delle relazioni umane». Era il 2018, e con questa riflessione spingeva all’interpretazione sociologica del disorientamento diffuso che già si avvertiva. La frase citata è l’apertura del Manifesto dei “Felici pochi”. Ma, oggi, alla luce di quanto stiamo vivendo, sembra di ragionare di una delle conseguenze più temute della “più virulenta delle epidemie”. Da febbraio scorso, il Coronavirus non sta solo seminando malattia e morte, ma - per la sua caratteristica specifica - ci ha allontanato dagli affetti e dagli amici, sta praticamente provocando ciò che padre Antonino aveva constatato e ora si presenta come condizione di imminente pericolo: la “disintegrazione delle relazioni umane”. Torna, pertanto, attualissimo l’obiettivo di padre Carillo: lottare, proprio ora e - forse - con maggior forza ora, contro l’indifferenza che - spiega il Manifesto - “è la prima soglia della morte”. Noi ci sforziamo di restare isolati per difenderci dal contagio. Ma, lentamente, stiamo modificando il nostro Dna spirituale, forse anche morale, affievolendo la capacità di relazionarci con il prossimo, convinti così di proteggerci dalle infezioni, ma anche dal dolore che ci provoca la sofferenza altrui. Però, don Antonino spiegava due anni fa che questo processo è cominciato già da tempo: «Il processo di disintegrazione è iniziato con il lento e inesorabile indebolimento della coscienza (in particolare della coscienza storica) e di conseguenza, la perdita totale della Memoria».

IL MALE NON VUOLE MEMORIA. «Il male non vuole memoria! - avverte il francescano - Laddove Memoria vuol dire mantenere vivi nel presente i valori morali ed etici inviolabili, perpetuati dal passato e che sono la base di ogni civiltà. Dove non c’è più chi custodisce e alimenta la sacra fiamma della Memoria, lì regna la confusione. La confusione porta all’isolamento e all’indifferenza». Anche in questo passaggio, sembra che il Manifesto dei Felici Pochi esprima un richiamo a chi oggi deve guidare le popolazioni, gli Enti, i processi di assistenza e di cura delle persone che - provocando confusione - rischia di ottenere un risultato rischiosissimo per la società: l’isolamento e l’indifferenza. «Non può definirsi civile una società che impugna la verità contenuta in questi valori relativizzandoli, per poter affermare la propria autodeterminazione spacciandola per cambiamento rivoluzionario - spiega il Manifesto elaborato da don Antonino Carillo - Ci impegneremo a custodire integra la Memoria facendone ogni giorno della nostra vita un memoriale celebrativo. Per fare ciò, manterremo salde le radici della nostra identità giudaico-cristiana, e non permetteremo a nessuno di inaridirle o di sradicarle». E, in queste ultime battute, la precognizione del frate francescano diventa un proclama quanto mai adatto a dare una risposta alla strategia del terrorismo islamico che punta a colpire, anche di recente, l’identità giudaico-cristiana dell’Europa, con continui attentati, stragi, efferati delitti. Ma la “contro-strategia” dei Neostilnovisti non è quella di escludere o interrompere il dialogo tra culture e religioni, assecondando il progetto che si prefiggono gli islamisti: dividere, contrapporre, demonizzare la cultura giudaico-cristiana dai seguaci di Maometto. «Ci impegneremo a incontrare e a dialogare con tutte le culture e le religioni - enuncia il Manifesto di don Antonino - definendo i presupposti del dialogo con rispetto, con chiarezza senza ipocrisia, con lealtà e rispetto, senza compromettere in alcun modo la ricerca della verità. Combatteremo la disintegrazione, tessendo relazioni umane basate fondamentalmente sulla reciprocità paritetica e sull’empatia. L’empatia chiama l’Amore. “Solo chi vive se stesso come persona, come un tutto significante, può capire le altre persone. (Edith Stein)”».

L’ANTIDOTO. L’empatia chiama l’Amore. È dunque l’Amore l’energia - l’atidoto - alla quale attingere per ripartire, anche in questo momento, in piena “seconda ondata” della pandemia da Covid-19, per non cedere alla paura, all’isolamento e all’indifferenza che è il contrario dell’empatia. E, dunque, è il contrario dell’Amore.

SE NE PARLERA' ANCHE IN ARABO. Due anni fa, questo manifesto è stato prodotto in migliaia di copie e, in forma di volantino, è stato diffuso negli ambienti degli intellettuali del Sannio, nelle scuole, tra associazioni di volontariato, riscuotendo ampio interesse. «Mi ero dato tempo un anno o poco più, per raccogliere adesioni alla proposta - rivela padre Antonino Carillo - Volevo vedere quali reazioni suscitava e il passo successivo sarebbe stato quello di fissare un primo incontro. Poi, la pandemia ha bloccato ogni iniziativa. Ma credo che sia questo il momento per riaprire il discorso». Finora, si sono riuniti intorno al Guardiano della Comunità di San Francesco di piazza Dogana, a Benevento, i ragazzi della Gioventù francescana di Benevento, il “Gruppo Lettori Itineranti, con la responsabile Elide Apice (che fa parte anche della Giuria del Premio Strega, ndr), altri privati che hanno preso visione del Manifesto mediante i social. Non sono stati due anni di lavoro persi. Ora, più che mai, chiusi nell’isolamento prodotto dalle norme anti-contagio del Covid, c’è tempo per riflettere sulla proposta di padre Antonino, che è docente di cultura araba e lingua e letteratura Araba ed Ebraica, ha insegnato per la Migrantes Caritas Diocesana di Benevento e si occupa di Mediazione culturale. Il Manifesto sarà quindi tradotto anche in arabo. «L’obiettivo del Manifesto del “Felici pochi” è di promuovere la cultura, la bellezza e l’arte, ma non per le elite - spiega il frate francescano - piuttosto di trasformare la pandemia della omologazione e del degrado che si è diffusa soprattutto nella politica in una nuova “militanza”, forse utopistica, della educazione al bello. Spero che se ne parli e che ci siano persone disposte a farsene portavoce, evangelizzatore di questa didattica».

NON SI PUO' ESCLUDERE DIO DALLA SOCIETA' UMANA. L’uomo è al centro del Manifesto: «Ci impegneremo a coltivare e a promuovere la Bellezza attraverso tutti i canali dello scibile umano… germoglieremo in ogni terreno (politico, civile, religioso) e fermeremo la viziosa mano che assassina i profeti e stermina i poeti. Dio è Bellezza (San Francesco) - professa il Manifesto -: pertanto non si può escludere Dio dalla società umana; ciò renderebbe difficile se non impossibile ogni forma di dialogo con tutti. Egli è la sorgente verso cui la nostra sete di verità e di felicità si dirige e da essa viene attratta».

«Noi, neostilnovisti o F.P. - conclude il Manifesto - attraverso l’elevazione spirituale ma pienamente incarnati nel mondo, con il nostro contributo, desideriamo risvegliare la società attuale dalla profonda narcosi della omologazione ideologica di massa. Il concetto di massa (che, strano a dirsi, in forma più o meno palese continua a vivere sotto mentite spoglie) è di per sé mostruoso perché mortifica l’originalità di ogni individuo. L’originale è il rinnovamento che nasce dall’interiorità. L’uomo interiore è la vera rivoluzione di oggi».

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