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Radici del Sud: Mongiana, il sogno spezzato di una Calabria industriale

Radici del Sud: Mongiana, il sogno spezzato di una Calabria industriale

Tra le miniere di ferro ed i boschi il polo siderurgico dei Borbone

Il villaggio industriale di Mongiana (Vibo Valentia) nacque nel 1771, su progetto dell’architetto napoletano Mario Gioffredo, che ricevette l’incarico della Regia Corte Borbonica di predisporre l’ampliamento delle piccole ferriere, appena costruite, e dare vita ad un centro urbano che doveva fornire ricovero agli operai, ai tecnici e alla piccola guarnigione militare. Gioffredo - lo stesso che si cimentò negli scavi archeologici di Ercolano - scese in Calabria, livellò declivi scoscesi, regimentò corsi d’acqua e tracciò un “decumano”, ai bordi del quale sorse nel tempo il paese di Mongiana. Nel corso degli anni, Mongiana crebbe rapidamente, anche per il sopraggiungere di operai provenienti dalla Francia e dal Belgio, e arrivò a contare circa 1.800 abitanti, un migliaio dei quali  trovava lavoro nelle sue industrie. Nella sua opera di ampliamento, Gioffredo impostò anche una fonderia, che fu più volte ingrandita nel tempo. Altri miglioramenti furono apportati nel decennio francese da Murat (1806-1815), che ampliò gli opifici e fece costruire una fabbrica per canne da fucile, sostituita poi dalla fabbrica realizzata nel 1852 dall’ingegnere-costruttore Fortunato Savino. Il complesso siderurgico calabrese era costituito non solo da Mongiana, ma anche dalle miniere di Pazzano, dalla fonderia di Ferdinandea e dalle numerose ferriere sparse nel territorio montano. L’opera di Mario Gioffredo (1718-1785) fu proseguita soprattutto dall’ingegnere Fortunato Savino (1804-1872), che operò a Mongiana dal 1840 fino alla chiusura dell’impianto, nel 1870. Egli realizzò la grandiosa fabbrica d’armi, le caserme, gli alloggi per gli operai, le case del capitano e del comandante, la farmacia, la chiesa, il cimitero e ingrandì la vecchia fonderia, apportando soluzioni tecniche di grande modernità nel campo della siderurgia, anticipatore, in alcuni casi, di soluzioni che solo dopo molto tempo furono copiate nel resto dell’Europa. Nelle industrie di Mongiana si realizzavano le armi per l’esercito Reale (fucili, spade, artiglieria, granate, ecc..), ma anche componenti essenziali per i ponti, per la cantieristica navale, per la ferrovia e utensili per la società civile. Dai suoi altoforni uscì molta della ghisa utilizzata a Pietrarsa, le rotaie della nascente ferrovia del Regno delle Due Sicilie e componenti per il ponte sospeso in ferro, il “Maria Cristina” sul fiume Calore. Mentre l’altro ponte, il “Real Ferdinando”, sul Garigliano, fu realizzato nelle industrie calabresi del Principe Carlo Filangieri. In Calabria, nelle ferriere di Stilo, poste sulla fiumara Assi, furono realizzati i tubi dell’ acquedotto Carolino per la Reggia di Caserta. La vita della colonia industriale era regolata da leggi che prevedevano soluzioni lavorative inusitate per quei tempi. Scuola per i figli degli operai, assistenza medica, riduzione della giornata lavorativa, cassa di previdenza, assistenza medica e infortunistica e tanto altro. Mongiana rappresentava allora quanto di più moderno si potesse avere nel campo della siderurgia italiana, con i suoi altoforni, alti 11 metri, considerati i giganti della siderurgia e con la sua moderna fabbrica d’armi si poneva allo stesso livello delle più titolate industrie europee ed era in competizione con esse. La fabbrica d’armi oggi ospita il Museo delle Reali Ferriere Borboniche. La fonderia, una “cattedrale del lavoro”, è diventata un “Parco della siderurgia”.

* Associazione Calabrese di Archeologia industriale

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