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16 Maggio 2021 - 11:46
NAPOLI. Sono passati tre mesi dalla scomparsa del maestro Paolo Isotta (nella foto), musicologo napoletano, e il teatro Sannazaro di Napoli, ha organizzato venerdì 14 maggio un evento che ha in concomitanza aperto finalmente al pubblico napoletano le porte della famosa sala di via Chiaia 157, con un ingresso visibilmente ristrutturato in eleganza. È stata una serata in onore di Isotta, con le associazioni culturali Sudd e Polo Sud, inizialmente introdotta dal direttore artistico del Sannazaro Lara Sansone, con gli interventi di Amedeo Laboccetta, Antonio Bassolino e Pietrangelo Buttafuoco. Alla fine delle parole che sanciscono il ricordo, il maestro Francesco Nicolosi ha eseguito alcuni brani. Una nota ha raccomandato come l’ingresso in teatro fosse consentito solo a coloro che avevano confermato i posti in totale ossequio della normativa anti-Covid 19. «Un grandissimo napoletano innamorato di questa città che ha lavorato per 35 anni al “Corriere della Sera”; purtroppo alle sue esequie mancavano le istituzioni e il teatro San Carlo, e questa è una cosa assurda. Non ha perso una rappresentazione del Sannazaro là nel vernacolo popolare in cui si siedeva»: le parole di Lara Sansone accorate ricordano un amico del teatro, mentre con lei il bassotto di Paolo sembra non amare la tristezza». La prima parola è di Amedeo Laboccetta: «Gli amici di Paolo porteranno avanti il suo ricordo. Ai suoi funerali, giorno del mio compleanno, c’era solo il Conservatorio San Pietro a Majella e stasera c’è il direttore. Stavamo nella piazza, quando ad un tratto Antonio Bassolino mi disse di fare qualcosa per ricordarlo e così ci siamo organizzati. Il palco “8” ospita dei fiori in ricordo della sua costante seduta al Sannazaro, e da specialista della napoletanità tre anni fa, Paolo mi chiamò per festeggiare a casa sua il mio compleanno. Fu l’unica volta che mangiai insieme con Bassolino e lui mi ricordò l’importanza dell’amicizia e del rispetto anche quando la si pensa diversamente. Occorre istituire al più presto il premio “Paolo Isotta per i giovani talenti”». È seguito poi Antonio Bassolino: «Dal punto di vista politico eravamo agli antipodi ma si stabilì “una coincidenza oppositoriam” che ci fece condividere il voi fino a che il rapporto si è sciolto ed è diventato un affetto sconosciuto, che aveva dentro caratteristiche particolari perché mi ricordava che è l’intelligenza che sancisce la vera amicizia. Essendo io da ragazzo appassionato di letteratura greca, questo lo rapì e condividemmo anche la passione per Totò, sancita nel suo libro “San Totò”. La sua musica è stata raffinatissima come la sua straordinarietà della persona. Occorre che le istituzioni e il San Carlo lo ricordino opportunamente. Una figura come Paolo ha trovato a Napoli il suo humus naturale per essere Paolo Isotta. Mi è stato vicino 5 anni fa in un momento per me difficile a causa di fatti politici, lui mi sapeva capire e proprio vedendo la sua bara mi è scattato il pensiero di scrivere un omaggio e intentare il suo ricordo che Napoli deve alla sua persona. Paolo come me amava il Virgiliano e un giorno mi mandò un messaggio nel quale mi diceva che a via Lucrezio c’era un gattino morto a terra da più di un mese. Ho chiamato l’Asl e sono riusvito a rimuovere il gattino e fargli avere una degna sepoltura, e lui fu felice come un bambino. Ci manca e ci vorrebbe la sua penna per tanti fatto dell’umanità». Pietrangelo Buttafuoco, infine, rivolgendosi al palco numero 8, ha affermato: «Ma tu sei scemò o sei cretino, perché in Paolo convivevano migliaia di Santi dai quali poteva attingere per relazionarsi al mondo. Con quella frase voleva dare in continuazione una sorta di “test” per cogliere la perfezione e l’errore che abita in ciascuno di noi ma mai trascurando l’altro; Luigi Pirandello lo accompagnava sempre e il “berretto a sonagli” era quel copricapo che ogni volta indossava in ogni immacolato simposio della cultura. Ciò determinava il suo essere estraneo agli angoli intellettuali. Quindi quel fazzoletto di amici che sono presenti qui, dimostrano che le istituzioni sono presenti e siamo noi, nel ricordo di chi l’ha accompagnato come Bassolino e Laboccetta che ne sono i meri rappresentanti. Ad ognuno sapeva dare il senso di sopportare la croce con grande compassione perché del dispiacere ne aveva i segni, ma anche il sorriso di vedere che esiste un’alba poi per tutti. Era bambino con la sua risata, nei racconti con l’attesa del giorno nuovo, rabdomante dei segreti altrui per fornirgli la sorgente. Lui che nella sofferenza aveva patito. Era fratello di quel Nietzsche che vedendo picchiare un cavallo si piegò per detergerne le ferite e poi prese la frusta per picchiare colui che aveva fatto male al cavallo. Paolo disse una volta che la sua disgrazia era di avere letto Pirandello e quindi incontrato la cruda realtà. Ed a proposito di teatro ho inaugurato la serie della letteratura in scena e accanto alla “Clitemnestra” e la “Metamorfosi” di Ovidio affiancherà il “Manuale di decomposizione” perché il futuro del numero 8 è stare accanto ai grandi che lui ha amato». Invitato sul palcoscenico il maestro Nicolosi, ha ricordato l’amore di Paolo Isotta per Paisiello: «Ma non avendo l’orchestra in questa sede, ho scelto una trascrizione per Vincenzo Bellini altro autore amato da Paolo». Tra i brani eseguiti una laconica “Sonnambula” , che ha posto un soffice cuscino di affetto e gratitudine in quel palco numero 8, che sembrava effettivamente troppo vuoto per esserlo sul serio.
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