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Don Dolindo, la Madonnina di Civitavecchia, Papa Woityla e Suor Eugenia

Don Dolindo, la Madonnina di Civitavecchia, Papa Woityla e Suor Eugenia

Storia di una profezia, di una vocazione e della caduta del Comunismo sovietico

Se tra le mani di una giovane donna transita una statuina della Madonna che, poi, a Civitavecchia, lacrimerà sangue e diventerà effigie sacra e di devozione anche del Santo Papa Giovanni Paolo II. E se la stessa giovane, dopo qualche anno, ritrova casualmente un documento che testimonia due importanti profezie di Don Dolindo Ruotolo, il sacerdote mistico di Napoli, parroco della Chiesa di San Giuseppe de’ Vecchi. Ebbene, questa donna va cercata e conosciuta.

Stiamo parlando di una suora, che però non ha alcuna voglia di raccontarsi né che si racconti nulla di lei. Ed è difficile risalire a queste due storie che la riguardano. Per questo abbiamo voluto prima capire chi è Suor Eugenia Giussani, per riuscire a ricostruire due momenti che hanno attraversato la sua vita, due vicende importanti per chi vive con fede non solo la messa della domenica, ma anche il dipanarsi dei cambiamenti della storia come un unico sorprendente disegno divino e che approda alla caduta del Comunismo sovietico.

Partiamo da Eugenia, lanciando uno sguardo nella sua vita, quando era una ragazza degli anni Ottanta. Una bella giovane, bionda e solare, che vive la sua vita con l’ottimismo e l’energia della sua fresca età: viaggia, scia, nuota, pattina, gioca a tennis e frequenta i suoi amici tra la scuola e le aspirazioni di formare prima o poi una famiglia. Non era per niente previsto che nel suo armadio entrasse l’abito da suora, anzi si è trovata a un passo dal salire sull’altare per coronare il sogno di diventare sposa del suo fidanzato: era tutto pronto, abito di pizzo, scarpe e velo bianco.

Una ragazza fortunata, perché lei stessa – in una rivista religiosa edita da “Pro Deo et fratribus onlus” – si racconta come una persona che ha avuto “un’infanzia felicissima, circondata dall’amore dei miei genitori. Sono cresciuta a Varese, in una bella villa con piscina, dove non mi è mai mancato nulla”. Ma tutto quello che la circondava e anche il fidanzato e quel matrimonio all’orizzonte non erano per lei abbastanza: “sapevo che avrei avuto il 90 per cento dalla vita, ma io volevo il 100”.

Ed eccola, nelle foto, interessata alle auto da corsa, ai motori, i cui è tuttora appassionata, nello staff dei volontari per i soccorsi della Croce Rossa a Varese, sulle piste del Gran premio.

Tuttavia, nel suo sereno percorso di giovane donna maturava la convinzione di trasformare in una scelta consistente quel desiderio di “non accontentarsi del 90%”. Accadde che il matrimonio andò a monte per un diverbio tra fidanzati. Eugenia riacquistò la leggerezza della libertà di scegliere un’altra strada. "Quale?", si chiedeva. In un’altra foto, sempre lei, è a Medjugorie con i genitori, le sorelline e don Pablo Martìn, sacerdote amico di famiglia.

È il 1995, si prepara quel primo “avvenimento” che noi definiremo “mistico” perché tale si rivelerà.

A Medjugorie, prima di rientrare tutti in Italia, don Pablo Martìn chiede di essere accompagnato nell’acquisto della statuina di una Madonnina, che il sacerdote aveva promesso in regalo a una famiglia della sua parrocchia di Civitavecchia. È proprio Eugenia ad accompagnare don Pablo e a scegliere quella Madonnina che il presule benedirà appena viene messo nelle sue mani, nello stesso negozio.

Alcuni mesi più tardi – racconta suor Eugenia oggi – il 2 febbraio 1995, questa piccola statua pianse lacrime di sangue per la prima di quattordici volte e, in seguito, divenne famosa come “la Madonnina di Civitavecchia”. La soprannaturalità del fatto venne confermata perfino da Papa Giovanni Paolo II”. La vocazione della ragazza si manifesterà mentre gestiva lo stuolo di fedeli che cominciò ad affluire a Civitavecchia, nelle giornate che la videro impegnata a disciplinare la folla, per dare una mano alla parrocchia di don Pablo, un aiuto che il sacerdote aveva chiesto a tutta la famiglia Giussani, giunta da Varese per soccorrerlo. “Signore – pregò Eugeniaho conosciuto la bellezza dell’amore umano, ma non mi è mai bastato. Ti prego, fammi sentire com’è il Tuo amore”.

Quella notte – racconta – nel mio cuore si riversò un amore talmente sovrabbondante che per la prima volta sperimentai la gioia della vera pienezza e interiormente fu come se il Signore mi dicesse: ‘Figlia mia, ti ho fatto conoscere e assaporare una goccia del mio amore, adesso sei libera di scegliere!’. Compresi – prosegue – che Gesù mi avrebbe amato allo stesso modo qualsiasi fosse stata la mia decisione, sarebbe solo cambiata la mia felicità… scelsi Colui che mi avrebbe dato il 100%... scelsi Gesù!”. Nel novembre 1995, a Civitavecchia, Eugenia conobbe il vescovo Hnilica, fondatore della comunità Famiglia di Maria, e colui che divenne il suo padre spirituale, padre Paul Maria Sigl. E dobbiamo tenere in mente questa tappa della sua vita, perché il vescovo Hnilica era colui al quale Papa Giovanni Paolo II affidò l’incarico di assolvere a uno dei messaggi che la Madonna delle apparizioni di Fatima lasciò ai tre pastorelli nel 1917.

L’8 luglio 1996 Suor Eugenia vestì la gonna blu di novizia e le scarpe bianche del suo abito da sposa, originariamente destinate a quel matrimonio che non si celebrò. Il suo “sì” sull’altare lo ha pronunciato per diventare religiosa nel Santuario mariano slovacco di Sastin.

E poi? “La pace e la gioia hanno pervaso interamente il mio cuore e tutt’oggi ancora le sperimento”.

Non ci racconta più nulla Suor Eugenia.

Ma, c’è di lei un’altra storia da aggiungere in questo suo profilo. È un accadimento che abbiamo trovato nel libro “Gesù, pensaci tu”, scritto dalla nipote di don Dolindo Ruotolo, Grazia Ruotolo, insieme con il giornalista Luciano Moio (ed. Ares).

Partiamo dal 2 luglio 1965. Don Dolindo invia una cartolina a un diplomatico della Polonia, conte Vitold laskowski. Nel testo ci sono indicazioni che fanno presagire l’avvento di Giovanni Paolo II e il crollo del muro di Berlino, rispettivamente con 13 e 24 anni di anticipo. La cartolina ritrae l’effigie di Maria Regina Gloriosissima.

Il manoscritto di don Dolindo Ruotolo, la cui copia fu autenticata il 24 marzo 1979 dal vescovo slovacco Pavel Hnilica (1921-2006), amico personale di Wojtyla, riguarda la fine del comunismo.

Come racconta il libro “Gesù, pensaci tu”, Don Dolindo scrive in quella cartolina quanto aveva sentito nel suo intimo:

“Maria all’anima. Il mondo va verso la rovina, ma la Polonia, come ai tempi di [Giovanni, ndr] Sobieski, per la devozione, sarà oggi come i 20mila che salvarono l’Europa e il mondo dalla tirannia turca [sotto le mura di Vienna nel 1683, ndr]. ora la Polonia libererà il mondo dalla più tremenda tirannia comunista. Sorge un nuovo Giovanni, che con marcia eroica spezzerà le catene, oltre i confini imposti dalla tirannide comunista. Ricordalo. Benedico la Polonia. Ti benedico. Beneditemi. Il povero don Dolindo Ruotolo Via Salvator Rosa 58, Napoli”.

Ma questo prezioso documento va perduto. Nel 1978, viene trovata una copia. Accade proprio l’anno dell’elezione al soglio pontificio di Karol Wojtyla, il  “nuovo Giovanni, come profetizzato da don Dolindo in quelle poche righe. La copia fu rinvenuta da una delle figlie spirituali del sacerdote mistico napoletano, che proseguivano l’opera dell’Apostolato Stampa, ma mancava l’originale di cui iniziò la ricerca.

Venne contattato il destinatario di quel messaggio, il conte Vitold laskowski, il quale spiegò che neppure lui possedeva più l’originale, perché lo aveva donato al vescovo cecoslovacco Pavel Hnilica, profugo negli anni della dittatura comunista.

Ricordate? Pavel Hnilica è proprio quel vescovo che Suor Eugenia Giussani accenna di avere conosciuto nel novembre del 1995, a Civitavecchia, dove la Madonnina acquistata da don Pablo e da lei a Medjugorie pianse lacrime di sangue.

Ed ecco, siamo al secondo accadimento “mistico” in cui troviamo Suor Eugenia attiva protagonista. Poiché, il 2005, l’anno della morte di Giovanni Paolo II, l’originale cartolina tanto cercata e andata dispersa viene ritrovata in una cassa, in quel periodo, suor Eugenia Giussani era al servizio di monsignor Hnilica - sono le strane vie che intreccia il Signore – che assistette sino all’ultimo. Il Vescovo desiderava portare con le sue mani quel prezioso manoscritto a Napoli e poter pregare sulla tomba di don Dolindo a San Giuseppe dei Vecchi. Ma non ce la fece: era già molto malato e morì nel 2006. Ma, affidò quella immaginetta a suor Eugenia, incaricandola di portarla ugualmente a Napoli, dopo la sua scomparsa. Un compito assolto da suor Eugenia che ha un'amicizia con la nipote di don Dolindo Ruotolo, Grazia Ruotolo, nelle cui mani è ritornato il testo della profezia a lungo cercata.

Per completezza di questa storia, che avevamo cominciato a raccontare per conoscere questa dolce e tenace suora dell’ordine religioso “Famiglia di Maria”, bisogna raccontare cosa esattamente ha rappresentato quel manoscritto di don Dolindo, finito nella custodia della suora di Varese per tornare a Napoli.  Quella profezia su Giovanni Paolo II si intreccia, infatti, con uno dei Messaggi di Fatima, quello che ha affidato ai Papi della Chiesa di Roma il compito di consacrare la Russia al Cuore della Madonna. Ciò che San Giovanni Paolo II fece in segreto, inviando il vescovo Pavel Hnilica nel 1984. Una specialissima missione che venne assolta il 24 marzo di quell’anno a Mosca dove, mimetizzato in un gruppo di turisti stranieri, monsignor Hnilica, dalla chiesa sulla piazza Rossa, fece solenne orazione, con i testi consegnatigli dal Papa stesso. Hnilica fu l’uomo nelle cui mani era stato consegnato il testo con la profezia di Don Dolindo sul ruolo che Giovanni Paolo II avrebbe avuto nella storia.

 

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