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Maurizio de Giovanni, scrivere oltre i luoghi comuni

Maurizio de Giovanni, scrivere oltre i luoghi comuni

I luoghi comuni… ah, i luoghi comuni! Nulla di più inossidabile e inattaccabile dei luoghi comuni. Poi, arriva un scrittore, uno non a caso, Maurizio de Giovanni ,e nel giro di qualche decina di pagine del suo ultimo romanzo “L’equazione del cuore” (Mondadori) smantella in un colpo solo ben tre radicati luoghi comuni. Primo luogo comune: uno scrittore di gialli è e rimarrà sempre e solo un giallista. Non può uscire, cioè, dal limbo letterario di quel determinato genere che, diciamocela tutta, per molto tempo rientrava nel calderone della cosiddetta paraletteratura, una cosa a sé, studiabile magari in ambiti di sociologia della letteratura (esattamente come il romanzetto rosa e il fotoromanzo), ma privo di qualsivoglia dignità letteraria che l’innalzasse (dio non voglia!) a livello di opera d’arte. Bena. De Giovanni decide di mollare - tranquillo, lettore: temporaneamente - il genere che pure lo ha consacrato e di passare ad altro: e ci riesce, e pure alla grande. Diciamo che in questo caso il papà di Ricciardi è un po' avvantaggiato nel demolire questo luogo comune perché in fondo non si misura con una scrittura poi così diversa. Semplicemente conforma il suo stile - personale, vibrante, sempre fluido e scorrevole, naturalmente elegante - a una tematica che non solo non è noir ma addirittura si concentra su una storia fatta di riflessione più che di azione. Veniamo al secondo luogo comune: le genti del sud sono tutte eccessive nella manifestazione di sentimenti e stati d’animo: esagitate, iperemotive, plateali. E tra le genti del sud, i napoletani poi battono tutti: teatrali sempre e ovunque, tanto nel gestire quanto nel parlare. Ahivoi, il protagonista del romanzo è un uomo del sud che contraddice in pieno queste caratteristiche antropologiche al punto che i suoi modi fin troppo distanti e apparentemente glaciali susciteranno non poche perplessità negli interlocutori del nord con cui nel corso della storia dovrà confrontarsi. Terzo luogo comune: la matematica, scienza esatta per eccellenza, basandosi su criteri disciplinari ordinati e logici è tradizionalmente reputata una disciplina arida, priva di guizzi emotivi e di quei sobbalzi che sembrano appannaggio di procedimenti mentali irrazionali sentimentali e caotici. Ebbene, lo scrittore in questo libro ci parla, e lo fa già a partire dal titolo, di un’altra matematica, o meglio, di un’idea differente di questa scienza, che nel micro e nel macrouniverso ricerca non l’ordine ma proprio il caos: l’armonia irregolare del disordine da cui scaturiscono leggi fisiche e matematiche che regolano la vita e persino le emozioni; da temere, ribadisce de Giovanni, non è l’entropia, ma, al contrario, la massima regolarità la quale, come la linea dritta di un elettrocardiogramma, coincide con la morte. E dell’eterna lotta tra vita e morte parla questo romanzo, incentrato sulla figura di Massimo De Gaudio, professore di matematica in pensione che vive da solo nello splendido isolamento di Procida, come si deduce dal riferimento a Solchiaro, un luogo ameno e appartato della Chiaiolella, “un’isola nell’isola” in cui il professore trascorre il tempo dedicandosi alle sue due uniche passioni, la pesca con canna e i calcoli matematici. Ha una figlia che vive lontana, in una piccola città della Padania, che viene a trovarlo in estate per un paio di settimane assieme al nipotino, affezionatissimo a questo nonno che lo affascina coi suoi impenetrabili silenzi e le lunghe sedute di pesca. L’esistenza abitudinaria e ordinata del professore viene ribaltata da una telefonata che gli annuncia la scomparsa drammatica in un incidente d'auto della figlia e del genero, mentre la vita del nipotino che si trovava in auto coi genitori è appesa a un filo per le gravi lesioni riportate nell’impatto. Massimo, anche un po’ controvoglia, è obbligato a recarsi nella cittadina in cui il genero era a capo di un impero economico, fonte di sostentamento diretto o indiretto di tutta la comunità locale. Comunità che attende ora con ansia la sorte del piccolo unico erede ricoverato in stato di coma all’ospedale. Una volta giunto e accolto con tutti gli onori, intuirà che c’è qualcosa di poco chiaro nella dinamica dell’incidente su cui il professore vuole fare chiarezza anche per entrare nella vita di quella figlia a cui si sente ora colpevolmente estraneo. Ma, soprattutto, è necessario vigilare sul nipotino dialogando con lui costantemente nella speranza di agevolarne la riemersione dall’incoscienza. Il professore sarà costretto a misurarsi con una nuova realtà, lontana chilometri spaziali e sentimentali dal suo piccolo universo isolano e isolato: e ancora una volta saranno i numeri a tornargli in soccorso, permettendogli di calcolare nuove grandezze affettive che si era per troppo tempo precluso.

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