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07 Maggio 2022 - 14:20
L’archeologo Mario Notomista (nella foto a destra) spiega: «La città rinacque subito dopo l’eruzione: ecco le prove»
CASTELLAMMARE DI STABIA. L’invito del poeta napoletano Stazio alla moglie: “Ritorna nel golfo di Napoli. Torna a Stabia. Stabia è rinata”, non era solo un auspicio per la città distrutta nel 79 dopo Cristo dall’eruzione del Vesuvio. Non fu solo il tentativo di convincere la moglie fuggita a Roma a seguito della spaventosa tragedia che sterminò gli abitanti di Pompei, Ercolano e altri paesi vesuviani... L’archeologo Mario Notomista ha messo insieme molti elementi degli studi con i quali è possibile affermare che l’antica Stabiae rinacque davvero subito dalle ceneri dell’eruzione del Vesuvio. Fu un processo rapido, per il carattere indomito degli scampati, ma anche per il suo strategico approdo, un porto che prese il posto di quello di Pompei. Notomista, collaboratore esterno della Soprintendenza Archeologica di Pompei e membro della Fondazione Packard ad Ercolano, ha ragionato su una moneta dell’80 dopo Cristo, ritrovata sul pavimento di una sala intorno al portico della Villa San Marco, che attesterebbe il “ritorno” dei sopravvissuti all’esplosione del vulcano sterminatore. «Dalle ville patrizie di Stabiae sono emerse poche statue - spiega Notomista - pur trattandosi di abitazioni innegabilmente sontuose, come attestato dai raffinati e ampi affreschi interni ritrovati, è parso sempre strano che dalle stesse non emergesse un adeguato arredo scultoreo. Abbiamo trovato in un giardino il “pastore” e anche il busto di Livia nella Villa del Fauno, scavata nel Settecento. Ma è poca roba rispetto a quello che avrebbe dovuto essere in quelle dimore».
Quindi?
«È possibile che, dopo l’eruzione, quegli arredi scultorei siano stati portati via dagli originari abitanti, scampati all’eruzione rifugiandosi sui Monti Lattari, e tornati a recuperare i tesori sepolti. Oppure recuperati dai magistrati che l’imperatore Tito mandò dopo l’eruzione per rimettere in sesto il territorio».
È accaduto anche a Pompei ed Ercolano?
«Abbiamo due diverse situazioni. Sull’ipotesi della rinascita post-eruzione si sono concentrati da un decennio le ricerche di Grete Stefani a Pompei e di Domenico Camardo su Ercolano. A Pompei il Foro fu totalmente riempito dai materiali dell’eruzione - pomici e lapilli, facili da scavare - e, infatti, non restituisce statue. Mentre Ercolano, coperta dalla colata di fango, non si poteva scavare. E, infatti, nelle ricerche del ’700 fu trovata piena di statue, oggi custodite al Museo archeologico di Napoli».
Chiarissimo. Quindi, torniamo a Stabiae?
«Qui, alcuni segni mostrano il ritorno nelle ville, subito dopo l’eruzione del 79 d.C. Si pensi che, fino a 10 anni fa, si pensava che i buchi nei muri fossero tracce di cunicoli borbonici. Invece, potrebbe trattarsi di un saccheggio, ma non sappiamo di quale periodo. Dai diari del 1700 sappiamo che, mentre per gli scavi a Ercolano venivano usati termini come “gallerie”, a Pompei ed Ercolano si parla di “sterri”. E con questo termine si intende l’applicazione della tecnica di togliere il terreno per prelevare i reperti, per poi rimetterlo di nuovo sugli scavi emersi, per motivi economici e di sicurezza degli operai che scavavano».
Ma con questi elementi non è possibile aggiungere nulla alla datazione dei primi “ingressi” nelle ville di Stabia...
«Ebbene, ora abbiamo qualche elemento più concreto, grazie a un colpo di fortuna: durante lo sterro di uno degli ambienti, fu trovata una moneta coeva, cioè dell’80 dopo Cristo, a poca distanza da una traccia sui muri collegabile a una data precedente agli scavi del 1749».
Cosa se ne deduce?
«Che negli anni intorno all’80 ci sono stati i primi rientri all’interno della Villa San Marco. Chi è entrato ha scavato, ha perso la moneta e ha ricoperto tutto». C’è dell’altro? «Sì, è stata trovata anche una moneta rinascimentale, di Carlo V, sempre sotto il lapillo, che data un nuovo rientro. Forse, ipotizzerei, c’è stato chi ha cominciato a vivere sopra quelle ville coperte dall’eruzione e che queste persone hanno di tanto in tanto cominciato a scavare».
Di recente, durante un’opera che prevedeva la realizzazione di un parcheggio interrato a Piazza Unità d’Italia, in pieno centro di Castellammare di Stabia, sono stati trovati nuovi insediamenti d’epoca romana. Cosa aggiungono agli studi sulla rinascita di Stabiae dopo l’eruzione del 79 dopo Cristo?
«Intanto, va detto che il professor Carlo Rescigno della II Università Vanvitelli di Napoli ha trovato tracce di strutture post-eruzione al di sopra del materiale vulcanico del 79. Quindi, per la prima volta possiamo dire che il Vicus, cioè l’abitato stabiano della collina di Varano segna con certezza tracce di rioccupazione post-79. Il dato interessante è che, per la prima volta, troviamo giù, nel centro di Castellammare, chiare tracce di insediamenti post-79, testate già nel 1800. Negli scavi di Piazza Unità d’Italia, che si ipotizzano appartenenti a una struttura termale, dimostrano, secondo gli studi di Luca Di Franco, Funzionario archeologo della Soprintendenza per l’Area Metropolitana, che la statua della Sosandra (nella foto a sinistra), trovata a pochi passi da quello scavo, ha le caratteristiche stilistiche di età Adrianea, quindi di inizio del II secolo. Alla pari del Doriforo (nella foto al centro) presenta le stesse caratteristiche. S’era detto che fosse stato trovato a Varano, invece è più plausibile il suo ritrovamento nella stessa struttura termale dove poteva trovarsi insieme alla Sosandra».
Cosa se ne conclude?
«La conclusione del ragionamento l’affiderei a Stazio che scrive alla moglie in una delle sue opere, scritta nell’89 dopo Cristo: “Ritorna nel golfo di Napoli. Torna a Stabia. Stabia è rinata”. Il poeta napoletano parlava testimoniando come la città fosse risorta dalle ceneri».
Non si sarebbe trattato solo di un auspicio?
«Credo di no. I magistrati che furono inviati sul luogo da Tito dovevano riorganizzare il territorio. Abbiamo tracce di una ripresa della coltivazione di vigneti e del commercio del vino, grazie alla scoperta di anfore risalenti al III-IV secolo».
Cos’altro può riservare questo studio su una Stabia post-eruzione?
«Tutti questi ragionamenti sono frutto di riflessione con colleghi insieme ai quali si delinea un quadro organico anche con la scoperta dell’area Cristianorum sotto la Cattedrale, con i rinvenimenti a Piazza Unità d’Italia e quelli nella Grotta di San Biagio, frutto di rifacimenti benedettini di epoca medievale, che potrebbero rivelare ulteriori sorprese, considerati i rinvenimenti dalle tombe risalenti al IV secolo dopo Cristo. Dal punto di vista accademico sono studi già noti. Ora ho un contatto con Maria Rispoli, che dirige il Museo archeologico di Quisisana, "Libero D'Orsi", dove si pensa di creare una sezione dedicata alla Stabiae post-eruzione del 79 dopo Cristo».
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