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16 Settembre 2022 - 14:54
Le impressioni dei “Grand touristi” su usi, costumi e società delle Due Sicilie
Il Viaggio come mezzo di istruzione privilegiato è un’idea che arriva nel 1670 dall’Inghilterra, dove, in un libro, il sacerdote cattolico Richard Lassels spiegava che cosa fosse il Grand Tour. Gli ambienti altolocati d’Europa presero consapevolezza di un particolare modo di vedere il viaggio, un modo esclusivo, espressione del proprio ceto. Nel XVIII secolo il viaggio di istruzione divenne così un costoso obbligo per chi aveva un alto livello di studi: era necessario completare il bagaglio culturale recandosi nei luoghi di culto del sapere. L’Italia fu ovviamente meta privilegiata, in quanto patria della cultura classica e rinascimentale e culla della civiltà occidentale. Molti personaggi famosi (artisti, musicisti, letterati, oltre a teste coronate e politici) fecero a gara nella visita delle testimonianze di antica civiltà, tanto più con la scoperta delle città vesuviane Ercolano e Pompei che determinarono anche un rinnovato interesse per i templi di Paestum-Poseidonia. Tutti questi Grand touristi presero l’abitudine di scrivere diari, così - oltre a farci conoscere le loro impressioni sulla situazione che appariva ai loro occhi - ebbero il merito di offrirci uno squarcio importante della vita dell’epoca con le abitudini, i comportamenti, gli usi anche enogastronomici. L’unità di misura temporale del Diario di viaggio è il giorno. Quindi un Diario si può assimilare ad una serie di racconti quotidiani, tutti con un principio ed una fine. Questi racconti oggi ci danno la possibilità di rivivere momenti spazio-temporali diversi, emozioni, idee, le atmosfere dei luoghi e dei sapori della vita di quel tempo, con la relativa storia e l’evoluzione che hanno avuto. Tra i più famosi viaggiatori a Napoli: Stendhal, nel 1817, che rimase molto colpito dall'Albergo dei Poveri, Jean Jacques Bouchard, studioso e scrittore francese vicino alla Corte, Pierre-Jacques Bergeret de Grancourt, mecenate e protettore di Jean-Honoré Fragonard che lo accompagnò, e poi i musicisti Mozart, Gluck, Bach, lo scrittore e politico René de Chateaubriand, e tanti altri, tra cui il francese Dominique Vivant Denon. Il 22 ottobre 1777 il futuro direttore generale del Museo Napoleone, l’attuale Louvre, lasciò Lione per raggiungere Marsiglia, da dove si imbarcò per arrivare nell’ Italia del Sud. Vivant Denon approdò in Toscana, attraversò il Lazio, visitò Napoli e tutti i suoi dintorni (Capua, la costiera, gli scavi archeologici), poi continuò verso la Puglia, costeggiò il tacco dello stivale, si diresse verso la Calabria, arrivò a Messina, visitò parte della Sicilia, e poi cominciò il ritorno, passando per Tropea, Cosenza, Paestum, Salerno, Sorrento e di nuovo Napoli, dove giunse poco dopo il Natale del 1778. Qui nel 1779, ottenne l’incarico di segretario d’ambasciata, che aveva sollecitato. Vi rimase sei anni. Nel suo diario sono molto interessanti i commenti sui monumenti (esprime giudizi terribili su Castelnuovo!) e sulla popolazione, molto osservata sia durante lo scioglimento del sangue di San Gennaro che durante le passeggiate in carrozza lungo il mare o in via Toledo. Fu lui in seguito a suggerire a Napoleone le opere da portare in Francia. Per fortuna non fu sempre ascoltato, altrimenti chissà che cosa avremmo dovuto fare per riavere l’Ercole ed il Toro Farnese!
* presidente di A.N.T.A.R.E.S. (Associazione napoletana Territorio arte restauro ecologia società)
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