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24 Settembre 2022 - 15:29
La grotta è stata rinvenuta nel 1970 dal gruppo speleologico Pasquale De Laurentis di Maglie in modo fortuito durante un'escursione alla ricerca del luogo dove fosse approdato Enea. L'aneddoto vuole che sia stato in realtà un pastore alla ricerca del suo cane a dare l'allarme dopo essersi imbattuto nella grotta. Tale grotta inizialmente fu chiamata la grotta di Enea in onore dello sbarco del nostro eroe, che in realtà avvenne presso “Castrum Minervae”, un porto dominato da un alto promontorio, alla cui sommità si ergeva il maestoso tempio consacrato alla dea Minerva ma dopo poco fu chiamata La “Grotta dei Cervi” per le meravigliose scene di caccia rinvenute.
La grotta si trova a una profondità di 26-28 metri e si snoda attraverso tre gallerie principali ognuna di 200 m, collegate tra di loro da angusti cunicoli e corridoi.
Lungo le pareti si sviluppa uno straordinario ciclo pittorico costituito da migliaia di pittogrammi, realizzati dall'uomo, con ocra rossa e guano (Concime naturale risultante da escrementi di uccelli marini), risale all'incirca 3.900 anni prima di Cristo.
ll sito è stato usato come riparo a partire dal Paleolitico, ma è al Neolitico che si fanno risalire le maggiori frequentazioni, come luogo di culto in cui svolgere rituali religiosi; l’oggetto della devozione era la Madre Terra, dea della fertilità del suolo e della ricchezza dei raccolti.
Lo stile realistico richiama quello delle grotte franco-cantabriche di Altamira, Font-de Gaume, Lascaux.
All'interno della grotta sono stati rinvenuti oltre i pittogrammi: corredo di ceramiche, vasellame vario, ciotole, vasi e scodelle. Il più importante risulta essere il ritrovamento di un coperchio di un vaso rituale decorato a doppia W, che sull’imboccatura ha il volto della dea Madre e che risale al VI millennio a.C. La grotta doveva essere dedicata alla Dea Terra, simbolo di fertilità in base agli studi effettuati dalla paleontologa Maria Laura Leone che ha proposto un parallelismo tra l’arte della Grotta dei Cervi con quella di altre culture, in particolare dei Tukano (indigeni della Colombia) e l’arte di Chumash (culto indiano dell’Antap, rituale sciamanico), che utilizzavano gli stessi simboli badischiani come espressione di una religiosità in forme astratte. Di particolare rilievo sono la figura dello Sciamano, la scena di un cacciatore di cervi assistito da due cani, la presenza di stalattiti e stalagmiti, figure astratte con le spirali, luci, intricate figure geometriche.
Il rinvenimento di abbondanti frammenti ceramici a bande rosse tipici della facies “Serra d’Alto”, lungo i corridoi sono stati ritrovati anche alcuni scheletri. Tale facies è presente anche a Procida ed Ischia.
La grotta non è visitabile per mantenere intatto il microclima interno per le delicate condizioni di umidità (98-100%) e di temperatura (18°C) che hanno permesso la conservazione delle pitture fino ad oggi. Dal 2016 è stato allestito un virtual tour 3D della grotta al Castello Aragonese di Otranto (Lecce). Presso il Castello Aragonese di Otranto sono anche esposte riproduzioni a grandezza naturale delle pitture, materiali ceramici e le pintadere, per un totale di circa 250 reperti provenienti dalla grotta. Ringrazio i proprietari del bar tabaccheria da Carlo presso Porto Badisco i signori De Paola che mi hanno permesso di fotografare i quadri con le immagini della grotta e mi hanno gentilmente donato fotografie storiche presenti all'interno del bar.
*archeologa
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