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01 Novembre 2022 - 19:03
Spazio raccolto, sacro e inviolabile, il cimitero, soprattutto nel contesto meridionale, ha rivestito a livello sociale un’importanza nevralgica legata alla sua specifica funzione. Luogo circoscritto, situato generalmente nelle aree periferiche delle città, lo spazio cimiteriale è quasi sempre segnato da cinta murarie, riproponendo uno schema difensivo che, nei secoli passati, era utilizzato per difendere i luoghi abitativi dagli attacchi dei nemici.
Dietro queste alte mura che separano, proteggendo specularmente, il mondo dei vivi da quello dei morti, si nascondono una moltitudine di storie, cristallizzate in un tempo eterno, sospeso, che sembra riattivarsi ogni volta che un vivo vi entra. Il cimitero è uno spazio concreto, solido, che si sviluppa in una dimensione emotiva che è allo stesso tempo pubblica e privata. Ma oltre a essere luogo emotivo, il cimitero è anche un complesso tessuto storico, in cui si intrecciano straordinarie vicende umane di uomini e donne. Passeggiare tra le lapidi equivale a sfogliare un libro di “storie”, significa rapportarsi con sacrifici, gioie, delusioni e conquiste di persone la cui esistenza ha, nel bene o nel male, lasciato un segno.
In Italia il culto dei morti è estremamente forte; lo è in particolar modo a Napoli, città costantemente in bilico tra sacro e profano, realtà sociale e urbana che ha con la dimensione mortuaria (e conseguentemente con quella cimiteriale) un rapporto molto particolare, quasi “viscerale”. Esempio ne è il culto delle “anime pezzentelle”, espressione pagana di una spiritualità popolare che vede nel teschio un feticcio a cui appellarsi con fervore per ottenere una grazia. Accanto a questa ritualità popolare che si vive soprattutto tra i vicoli e le anguste cavità tufacee, trova spazio un culto dei morti più formale, denso di significato storico. Si fa riferimento alle numerose personalità di spicco legate al capoluogo partenopeo: intellettuali, filosofi, artisti, medici, uomini e donne che hanno segnato le vicende storiche di una “città-mondo” policroma, complessa, estrema e poetica.
Uno dei cimiteri più importanti in Europa è il Cimitero Monumentale di Poggioreale, ricchissimo e ampissimo spazio circondato a sua volta da altri cimiteri attigui. La sua progettazione iniziò agli inizi del 1800 ma i lavori di realizzazione incontrarono diversi rallentamenti causati delle guerre napoleoniche, tanto che venne ultimato solo nel 1839. Già nelle prime fasi si pensò di dedicare una vasta area (all’incirca 5.300 metri quadrati) esclusivamente alla sepoltura di personalità eminenti. Così, attraversando viali dove il barocco incontra iconografie medievali e marmorei angeli pietosi vegliano le anime dei defunti, si apre questo territorio unico e maestoso, a cui oggi il tempo sembra non concedere sconti visto il pesante stato di abbandono. Nel “Quadrato degli Uomini Illustri” vi sono circa 160 monumenti suddivisi in sette aiuole che raccolgono le varie sepolture.
Qui, tra i tanti, hanno trovato il riposo eterno il critico e storico Francesco de Sanctis, tra le personalità intellettuali più influenti del diciannovesimo secolo; il filosofo Benedetto Croce; il poeta e drammaturgo Salvatore Di Giacomo; il prolifico scultore Vincenzo Gemito; E. A. Mario, protagonista indiscusso della canzone napoletana; il poeta Ferdinando Russo; il commediografo Raffaele Viviani, creatore di un teatro verace e popolare; l’avvocato Giovanni Leone, sesto presidente della Repubblica Italiana. Un altro cimitero che raccoglie personalità di spicco è quello di Santa Maria del Pianto (risalente anch’esso al XIX secolo), ubicato sempre nella zona di Poggioreale.
Qui, in cappelle private, riposano i resti del tenorissimo Enrico Caruso, della famiglia Scarpetta, della famiglia dei Taranto, di Ermete Novelli e di Totò, la cui tomba è meta continua di pellegrinaggi di ammiratori e ammiratrici che rendono omaggio al loro idolo attraverso biglietti e piccoli regali. Indissolubili, la morte e la vita sembrano trovare nell’arte e nella storia l’immortalità, come se esse fossero un Giano bifronte eterno eppure in costante evoluzione. Lo scrittore Giovanni Papini diceva “I teatri di marionette e i camposanti sono gli unici luoghi dove l’uomo possa prendere acuta coscienza di sé. Nei primi vede cos’è prima della morte; nei secondi quel che sarà dopo la vita”.
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