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L'Afghanistan 14 mesi dopo la caduta di Kabul. L'ambasciatore Vittorio Sandalli al Circolo dell'Unione

L'Afghanistan 14 mesi dopo la caduta di Kabul. L'ambasciatore Vittorio Sandalli al Circolo dell'Unione

Le sfide che l'Afghanistan pone al mondo e il ruolo che l'Europa può svolgere per convincere il governo talebano a un cambiamento di rotta: è uno sguardo ravvicinato quello dell'ambasciatore Vittorio Sandalli al Circolo dell'Unione, davanti a un pubblico numeroso e interessato: «Sono passati 14 mesi dalla caduta di Kabul, il 15 agosto del 2021, e nel frattempo sono successe tante cose» ha esordito Sandalli sottolineando la necessità di prendere atto del cambiamento e di interrogarsi sulle sue implicazioni geopolitiche.

È uno sguardo a 360 gradi, il suo, che parte dalla posizione strategica dell'Afghanistan, cerniera di collegamento sia tra Europa, Medioriente e Cina, sia tra Russia, Asia centrale e Subcontinente indiano. Su un territorio che per estensione è il doppio dell'Italia, abitano 41 milioni di persone, che per il 60% hanno meno di 25 anni, e che però non hanno caratteristiche comuni.

Il Paese è infatti un mosaico di etnie in cui convivono due realtà completamente diverse: l'estesa campagna, in cui le condizioni di estrema arretratezza sono  paragonabili a quelle dell'Europa di cinquecento anni fa,  e solo tre  città, che in vent'anni di Repubblica islamica hanno conosciuto le nuove tecnologie e visto crescere le università, l'accesso delle donne all'istruzione e la consapevolezza dei diritti dei cittadini.

Ma quale ruolo svolge l'Italia nei confronti dell'Afghanistan di oggi? «Si continua ad avvertire - sostiene Sandalli - la nostra responsabilità di nazione che ha contribuito a costruire, a prezzo di anni di sacrifici - con 53 morti e 700 feriti fra i nostri militari più due vittime civili -  un assetto di impronta democratica, dove si svolgevano consultazioni elettorali e vigeva libertà di opinione. Un assetto molto diverso da quello attuale ma che siamo comunque chiamati a continuare attraverso azioni che sono tuttora possibili».

Un ruolo da protagonista non può che svolgerlo un'azione diplomatica che miri a coinvolgere sia gli stati del G20 e del G7, sia i paesi confinanti, sia quelli islamici moderati. Intanto resta importantissimo il ruolo della Turchia, che è l'unico paese della Nato che continua a svolgere un'azione particolarmente incisiva sul governo talebano. Senza contare che gli uffici delle Nazioni Unite non hanno mai lasciato l'Afghanistan e che l'ambasciata dell'Unione Europea è stata riaperta a gennaio.

 

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