Cerca

Francesco Rosi, cento di questi anni

Francesco Rosi, cento di questi anni

Nessuno l’ha dimenticato. Non a caso il Museo nazionale del cinema, per celebrare i 100 anni di Francesco Rosi, il 15 prossimo alle 12, presenterà alla Mole Antonelliana di Torino “Le mani sulla verità”, a cura di Domenico De Gaetano e Carolina Rosi, conferenza stampa e preview dell’esposizione in onore del grande protagonista del nostro cinema. Gran regista, nella professione uomo severo quanto generoso e affettuoso nella vita, Francesco Rosi con il suo primo film “La sfida”, con l’esordiente Rosanna Schiaffino, (del quale seguii le riprese) in seguito con i suoi amici di sempre “ fin dal Liceo Umberto”: Peppino Patroni Griffi, Raffaele La Capria e Giorgio Napolitano, entrarono prepotentemente nella mia vita di attrice prima e giornalista poi ! Non a caso nel 1995, con la casa editrice “Electa Napoli”, furono i protagonisti di “Trentuno napoletani di fine secolo”, mio libro con la prefazione di Carlo Azeglio Ciampi, per il quale furono presenti all’Istituto di Studi Filosofici per la presentazione, condotta dal “perenne amico” Renzo Arbore e da alcuni dei protagonisti. In aggiunta alle interviste sul suo prestigioso percorso, ho di Francesco Rosi il ricordo di alcuni incontri, quasi familiari per le parole affettuose su Napoli, quando incontrandolo all’alba in via Caracciolo diventavo confidente di ricordi, o quando parlava di Carolina, figlia amatissima, che poi l’avrebbe affiancato nel lavoro e nei progetti da affrontare. Ed è per averlo, ancora una volta, fra noi e con noi, che lo ricordo attraverso quanto mi disse in un incontro mai dimenticato!

Come è cominciata la sua passione per il cinema?

«Per mio padre, direttore di una compagnia di navigazione e caricaturista assai noto, inventore tra l’altro del simbolo del Calcio Napoli con il motto “Ciuccio ’e fichella”. Aveva per il cinema e per la fotografia un amore da professionista! Indimenticabile l’emozione che provavo ogniqualvolta vedevo emergere da fogli bianchi le immagini fotografate da lui … Sempre con lui ho visto” Il monello” di Chaplin e tanti altri film al Cinema Maximum, a due passi dalla nostra casa di Viale Elena».

E il suo debutto professionale?

«Ho frequentato il Centro di cinematografia a Roma, rientrando a Napoli ogni sabato, perché, per seguire il desiderio di mio padre, mi ero iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza. In cinema poi ho fatto l’assistente di Ettore Giannini, di Luciano Emmer, di Matarazzo e infine di Luchino Visconti, vero e proprio maestro, il cui insegnamento era fatto di severità, rigore, serietà, professionalità! E’ stato un grande professionista malgrado i suoi denigratori lo considerassero un dilettante! È stato per me fondamentale lavorare da suo assistente a “La terra trema”. In tutto il mio lavoro ho applicato quanto ho appreso lavorando con Visconti … avverto ancora il vuoto terribile della sua assenza».

Qual è il suo rapporto attuale con Napoli?

«Mi manca molto. Mi manca come città, come bellezza, come umanità della gente, come storia dei monumenti, come fermento dei vicoli, mi manca l’immenso patrimonio artistico, storico, culturale della città, mi manca il mare! Pur vivendo da quarantacinque anni con la mia famiglia a Roma, non sono riuscito ancora a considerarla la mia città! Napoli era una città provinciale? Per niente! Napoli è stata una grande capitale che pullulava di case editrici, di giornali, di teatri…Il rischio di provincialismo l’ha vissuto con il fascismo…ma Napoli è la città meno provinciale di tutte».

Come sono i napoletani?

«Nella personalità del napoletano convivono due aspetti di fondo: la passione e la razionalità o meglio l’aspirazione alla razionalità…I napoletani sono passionali e razionali, l’intera cultura napoletana lo dimostra. Il tanto nascosto è stato scoperto molto bene da Luigi Cosenza e da Roberto Pane: la Napoli del patrimonio artistico e della cultura! Il napoletano è serio, ha severità ed eleganza. In questa analisi come può entrarci la napoletanità? Non mi piace!».

Essere napoletano significa qualcosa in più?

«Forse non significa niente perché siamo tutti diversi ma conta la collocazione fisica della città, il suo panorama, il suo mare, alcuni aspetto introvabili altrove come l’identificarsi con il suo mare…Io mi considero tra i napoletani che hanno il rispetto per le norme, le regole, la precisione, la vita propria e degli altri».

Come potrebbe definire la vita?

«Può essere una giungla ma anche una serie di norme e di principi. L’unica cosa che possiamo trasmettere ai nostri figli è una serie di convinzioni e di regole. Ecco perché l’educazione è fondamentale! E dovrebbe iniziare presto… Solo così i giovani potranno rispettare le nostre pietre, il nostro grande passato…Non voglio certo emettere editti ma, se non si fa questo non si potranno mai vincere la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta o…la sacra corona unita! Non possiamo vincere con i magistrati o con i poliziotti che ci rimettono la pelle. Bisogna educare per ricominciare».

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori