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15 Novembre 2022 - 15:45
Una selezione di sculture e dipinti "in dialogo" con l'esposizione permanente delle "Matres Matutae", simulacri votivi dedicati al tema della fecondità
CAPUA. Si chiama “Ave Mater” la mostra di opere di Lello Esposito in mostra al Museo Provinciale Campano di Capua fino ai primi di dicembre 2022. Si tratta di una selezione di sculture e dipinti che, nell’intenzione dell’artista, intendono creare un “dialogo” semantico-concettuale, ma soprattutto emozionale, con le opere del Museo ed in particolar modo con quelle sculture, in esposizione permanente a Capua, che raffigurano le “Matres Matutae”, plastici simulacri votivi dedicati al tema della fecondità.
A questa tematica possono essere collegate le cinque sculture “Sirene” (oro, marmo, blu, gialla e rossa) la cui “terminazione” a corno, simbolo apotropaico di prosperità, rimanda alle raffigurazioni del Dio Priapo itifallico di epoca romana.
Queste sculture nascono, infatti, da un articolato processo di “metamorfosi creativa” che l’artista pone in atto attraverso la poetica trasfigurazione, prima iconica e poi emblematica, di queste figure mitologiche.
Il loro busto è un omaggio alle antiche statue greche che, private di gambe e braccia, concentravano nel volto la loro carica espressiva e comunicativa.
In riferimento alle Sirene notiamo che il corno, che caratterizza la parte terminale di queste sculture, diventa un particolare “elemento narrativo” che ci riporta ad una leggenda dell’800, i cui protagonisti sono proprio Partenope e il suo amato Vesuvio, un centauro follemente innamorato di lei.
Ma a determinare l’esito non felice di questa storia d’amore ci fu ad un certo punto un nefasto intervento divino.
La legenda, infatti, racconta che Zeus, infatuato di Partenope e geloso di Vesuvio, non riuscendo ad avere per sé la bellissima Sirena, trasformò il centauro in un vulcano, separando così per sempre i due amanti.
A questo punto Partenope, disperata, si lasciò morire in mare ed il suo corpo trascinato dalle onde ai piedi del Vesuvio, si dissolse, prendendo poi la forma della città di Napoli.
Così nell’immaginario dell’artista e in relazione a questa storia, la punta del corno diventa un metaforico uncino di “ancoraggio” alla Terra.
Sempre proseguendo con le associazioni di idee e con le relazioni tra le opere di Esposito e quelle della collezione del Museo, possiamo dire che anche le dodici “Teste” scultoree di donna - che si ripetono in diverse colorazioni - diventano quasi un giocoso riferimento alla suprema capacità femminile di procreare, entrando in relazione tematica e narrativa, con le due “Matres” più “feconde” presenti a Capua che sono rappresentate con in grembo dodici figli.
Le colorate teste che troviamo esposte sono una formale citazione alla “Capa‘e Napule”, la scultura di epoca classica, oggi conservata nell’androne di Palazzo San Giacomo, (sede istituzionale del Comune di Napoli), la cui identità ha alimentato da sempre la fantasia del popolo napoletano, facendola identificare anche, come la “Testa della Sirena Partenope”.
Prosegue questo gioco di rimandi e citazioni con la serie di dipinti intitolati “Vesuvio”, un elemento ormai iconico del paesaggio campano e da sempre presente nella produzione e visione creativa di Esposito; sono un gruppo di opere che si propongono come variazioni coloristiche della forma di questo vulcano.
Tra i quadri di Esposito presenti in mostra, l’accostamento tra l’immagine dipinta del Vesuvio e i simboli della tradizione culturale campana, continua con l’installazione di maschere colorate, posizionate alla base del quadro “Vesuvio-Maschera”.
Il tema della maschera è molto caro ad Esposito che le sottrae la sua primaria funzione di elemento scenico-teatrale – e la presenta come “volto” scultoreo.
Attraverso quest’ installazione Esposito riflette, ancora una volta, sulla stigmatizzazione di questa sua figura chiave che, come elemento iconico della sua produzione, diventa in definitiva una sorta di autoritratto nonché la sua firma artistica. La decisione di Esposito d’inserire le maschere tra le opere in mostra, nasce dall’incontro, all’interno del Museo, con le sculture così dette “terrecotte architettoniche”, che (tra il VI-V sec a.C.) assolvevano alla funzione di ornamento, principalmente per gli edifici adibiti al culto delle varie divinità pagane celebrate in Campania.
Le maschere di Esposito, attraverso un ulteriore atto creativo dell’artista, diventano nell’opera “Pulcinella Argo” elementi costruttivi e “architettonici”: si tratta, infatti, di un totem dove le maschere che si avvicendano l’una all’altra in uno sviluppo ritmico verticale sembrano guardare sconosciute e profetiche lontananze.
E infine la maschera ritrova la sua peculiare “indossabilità” sul volto dei due Pulcinella raffigurati nei due mosaici, giallo e blu presenti, in mostra. La testa di Pulcinella è un altro tema iconico della produzione dell’artista, una figura della tradizione sulla quale si concentra la sua prima sperimentazione e ricerca espressiva.
Agli esordi i Pulcinella di Esposito hanno le sembianze della maschera della Commedia dell’Arte ma successivamente l’artista rinuncia all’oleografia degli inizi e i suoi Pulcinella perdono la maschera, mostrano il nudo viso, diventano segni stilizzati, forme stigmatizzate, come nella scultura intitolata “Metamorfosi” anch’essa presente in mostra: una figura maschile che, con la sua muscolatura asciutta e scattante, richiama alla memoria l’immagine di un arcano gladiatore, un omaggio alla storia dell’antica Capua e del suo magnifico anfiteatro romano.
Sabato mattina - 19 novembre - alle ore 10 il Maestro Lello Esposito incontrerà studenti a associazioni che visiteranno la sua mostra in esposizione presso il Museo Campano di Capua (Via Roma 68 - 81043 Capua, CE). La mostra è anche l’occasione per visitare l’immenso patrimonio di questo Museo, un vero gioiello della nostra regione.
PROFILO DELL'ARTISTA
Il Maestro Lello Esposito è noto in Italia e all’estero per le sue iconiche opere pittoriche e scultoree fortemente legate alla tradizione partenopea che lui attualizza con nuove forme e l’utilizzo di diversi materiali, in un costante - irrinunciabile - dialogo tra tradizione e arte contemporanea. Identità e metamorfosi, segni e simboli sono i concetti chiave che da sempre indirizzano la sua produzione artistica. Sintetizzano la concreta possibilità di far coesistere e dialogare nella stessa opera origini, radici e tradizioni (le identità, i segni ed i simboli appunto) con nuove forme interpretative. Le metamorfosi prendono vita dal lavoro dell’artista sui segni della tradizione che lui intensamente rielabora e ai quali regala nuove forme di vita. Vesuvio, corno, teschio, uovo, Pulcinella, maschera e San Gennaro: segni e simboli, appunto, che l’artista ha iniziato a diffondere negli anni ‘70 riuscendo quasi ad “imporli” come marchio di napoletanità quale oggi sono. Ha indubbiamente contribuito a creare per la città una identità fortemente riconoscibile ed esportata in tutto il mondo. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive, in Italia e all’estero, e le sue opere figurano in diverse collezioni private e pubbliche nazionali ed internazionali. Attraverso le sue opere d’arte ha portato in giro per il mondo l’anima popolare di Napoli; un’artista fortemente partenopeo, quindi, ma universale perché universali sono i simboli che rappresenta. Come da sempre sostiene il Maestro Esposito, “più profondamente si è attaccati alle radici di Napoli, più si è universali perché essa è città “mondo”, cioè un inesauribile contenitore di varia umanità”. Ha legato la propria arte a molte città, ed a Napoli in particolare offrendosi come “nutrimento” e ripetutamente e generosamente realizzando opere che – numerose - si trovano esposte in piazze, vie, edifici pubblici e vicoli. Il Pulcinella di Vico Fico al Purgatorio (centro storico di Napoli), è oggi l’opera più fotografata della città. Con una imponente istallazione posizionata nel 2013 avanti alla Reggia di Caserta - un corno rosso verticale di 13 metri che suscitò un animato dibattito pubblico – l’autore ha dato vita a un fenomeno artistico che ancora muove una forte economia non solo a Napoli: la realizzazione dei corni verticali. È questo un chiaro esempio delle sue metamorfosi: lavorare su un simbolo della tradizione per riproporlo in una nuova foggia. Una maschera in pietra vulcanica dal peso di 40 tonnellate si staglia sulle pendici del Vesuvio. È presente, inoltre, alla stazione della metropolitana di Salvator Rosa con un Pulcinella figurativamente viaggiatore del mondo. Molto popolare e amato è anche il Pulcinella dal nome “Il Dubbio dell’uovo”; l’opera si trova ai giardinetti Ruoppolo e l’artista l’aveva immaginata come dono ai bimbi del quartiere Vomero, ponendola infatti sul terreno, quindi alla loro altezza. Questo Pulcinella, le cui mani sono state rubate e sostituite con un cuore, ha accompagnato la crescita di tanti bambini, ora uomini e donne di Napoli.
Lo studio dell’artista si trova in Piazza San Domenico Maggiore, a Palazzo Sansevero, nel cuore pulsante del centro storio: “luogo che oggi è centro del turismo della città ma che quando iniziai il mio percorso artistico era un parcheggio”, come ama ricordare lui stesso. A distanza di più di 300 anni due luoghi magici di questo storico palazzo rivivono: le scuderie sono sede dell’Atelier dell’artista (con la sua collezione privata) e il laboratorio che fu di Raimondo di Sangro ne è lo studio.
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